Il Terrore di Halloween colpisce ancora

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    «Sveglia dormigliona!», la esortò Ginevra ridendo e tirandole addosso un cuscino, «E’ la notte di Halloween! Pronta per uscire?»
    Ginevra era una gentile e vivace ragazza conosciuta mesi prima, che pian piano aveva aiutato la traumatizzata Cristina ad aprirsi nuovamente al mondo. Per lei da quel momento c’era sempre stata sia per piangere su una spalla (e piangeva pure lei perché simpatizzava sempre) sia per andare a shopping sfrenato o alle feste. Era stata lei a convincerla a farsi una nuova compagnia di amicizie, presentandole un sacco di persone e quella ragazza, dai bellissimi capelli corvini e ondulati che le cadevano setosi su un viso angelico e dalle curve mozzafiato, aveva sempre amici da presentarle! Ivan, Monica e perfino quel fusto di Riccardo, l’attuale fidanzato di Cristina sfortunatamente trasferitosi in Olanda per lavoro. Ginevra ormai era una pietra miliare nella vita della sua amica e lo sapeva, quindi alla fine dipendeva da lei!
    «Cosa? No, non voglio uscire!», protestò Cristina ancora con gli occhi chiusi. Aveva sonno e al telegiornale avevano consigliato ai telespettatori di rimanere al sicuro nelle proprie case, possibilmente in compagnia di molti amici o parenti: era ovvio quindi non uscire! «Senti, Ginevra, ho sonno e tutte le testate e tutti i canali dicono di non uscire, perché vuoi uscire?»
    Al diniego l’amica inclinò la testa e ne increspò deliziosamente le labbra, quindi si portò le braccia conserte sopra al petto. «Quindi mi sarei travestita da poliziotta sexy per non incontrare nessun ragazzo? Che è ‘sta storia?», replicò lei evidentemente stizzita. Però dopo alcuni secondi si rilassò e addirittura abbozzò un sorriso mentre l’altra iniziava ad addormentarsi; subito corse a scuoterla ed esagitata le disse di vestirsi, tanto avevano la scorta e anche se glielo avrebbero impedito dovevano provarci ad andare alla festa!
    Cristina non poté a quel punto non acconsentire: Ginevra era così vogliosa che ci sarebbe andata da sola e Cristina non voleva passare la festa con le guardie! Quindi acconsentì a vestirsi.
    Una volta pronta, uscì dalla camera e trovò l’amica davanti allo specchio a finire di mettersi il trucco; quando la raggiunse le sorrise e insieme uscirono dopo avere aperto le tre serrature che serravano la porta. Erano pronte ad andare!
    «Finalmente!», esclamò Ginevra correndo giù per le scale, «Non sai quanti messaggini mi ha mandato Ivan per convincerti a venire! Forza, andiamo!»
    «Davvero?», replicò divertita Cristina mentre scendevano l’ultimo gradino, «Non è che è impaziente di vederti vestita da poliziotta sexy?»
    Mentre oltrepassavano la portineria la mora fece una smorfia divertita. Quindi guardò l’amica di traverso. «Sempre meglio del tuo di travestimento. Ma cosa ti sei messa addosso? Sembri un’enorme palla arancione! E poi eravamo d’accordo di vestirci entrambi da poliziotti sexy, quindi non vedo nulla di male…»
    Prima che Cristina potesse rispondere alla sua amica e allo stesso tempo aprire il pesante portone del condominio, si bloccò: aveva sentito un «Ferme!» urlato dalla portineria. Quindi si girò delusa e vide un uomo e una donna venire loro incontro da quella stanzetta; erano abbastanza vecchi da sembrare la portinaia e suo marito ma abbastanza giovani da esseri scattanti e pericolosi, ottimi cani da guardia.
    «Signorina Zazzi, dove vuole andare?», le chiese la donna con l’ansia negli occhi.
    «A una festa nel quartiere storico… Ci aspettano degli amici», tentò di rispondere la ragazza mentre l’amica ormai si era accovacciata per terra, delusa e cosciente che non sarebbero più uscite da lì fino al pomeriggio seguente quando Halloween sarebbe passato in ogni fuso orario.
    Allora fu l’uomo a replicare, gesticolando come un ossesso per fare capire alle due amiche la gravità della situazione, mentre la donna ogni tanto annuiva energicamente per dargli man forte: «No signorina! Si è già scordata della fine dei suoi amici e della tragica morte a distanza di un anno dell’unico altro testimone sfuggito al massacro? No, signorina Zazzi! Vuole che il Terrore di Halloween la trovi? Vuole che la uccida? Fino a quando non sarà più in caccia, lei non uscirà.»; e poi si ripeté anche per l’amica concludendo con «Lo so che è frustrante ma è meglio così. Su tornate nel vostro appartamento. Veniamo su a farvi compagnia.»
    E così successe.
    Così, dieci minuti dopo, le serrature erano state tutte sigillate, le finestre controllate e i sogni di allegria delle due ragazze infranti. Mentre i due poliziotti si erano accomodati sul divano a guardare la televisione, Ginevra imprecando era andata a mettersi quei lunghi vestiti neri che a lei piaceva tanto indossare mentre Cristina piangendo si era chiusa in camera, anche lei per mettersi qualcosa di più comodo. Come aveva potuto dimenticare il massacro di due anni prima? I cugini Smith… Anna… Tommaso… Alberto… e Alessio! Che non si era mai ripreso, sbudellato in reparto psichiatrico! Mio Dio, come aveva potuto anche solo sperare di trascorrere una serata spensierata? Era… era carne da macello, si ricordava ancora quella risata argentina che risuonava lampante tra le urla dei ragazzi e… Aveva sentito forse un urlo?
    «Amanda! Gino! Che succede!», urlò Cristina attraverso la porta. Non ricevette risposta, ma la luce cadde all’improvviso, lasciando tutto l’appartamento nell’oscurità più completa: tutte le persiane erano sigillate con le sicure e quindi nemmeno la luce lunare poteva entrare… era al buio! E nessuno le rispondeva, sperava che i poliziotti e la sua amica del cuore stessero bene!
    A tentoni si alzò dal letto e toccando con una mano la trapunta e con l’altra il muro freddo, a tastoni si avvicinò al comodino, dove sapeva esserci una torcia. Voleva subito usarla, aprì il cassetto di legno consapevole che nel buio gli occhi gialli che l’avevano perseguitata negli incubi si facevano reali – o così le sembrava ogni volta - e finalmente la trovò. Quindi, la accese. Tirando un sospiro di sollievo velocemente fece correre il cerchio di luce per la stanza e constatato che era sola, pensò di andare a vedere cosa stava succedendo al di fuori di quel suo piccolo posto sicuro: non voleva stare sola di nuovo!
    Lentamente aprì la porta della camera e illuminò davanti a sé, con la luce che illuminava debole fino al muro davanti al quale il quadro che aveva dipinto Riccardo non inondava di bellezza quel buio devastantemente vuoto. Nessuno, non vide nessuno. Fattasi coraggio lasciò l’uscio della camera e tenendosi rasente al muro oltrepassò il bagno degli ospiti, in cui una tensione oscuro esercitava un terrore assoluto sulla ragazza, e svoltò a destra verso il soggiorno.
    «Amanda?», chiamò a gran voce Cristina con la luce che le tremava in mano, «Gino? Ginevra? Dove siete tutti? Perché non mi rispondete? Ragazzi?»
    Restò ferma in quel punto, accanto alla porta di legno di acero spalancata, per quello che le sembrò un’eternità. Cosa si nascondeva nel buio, dietro a quei grandi divani? Era lei o qualcosa all’esterno si stava strusciando sulle persiane, c’era sempre stato quel ticchettio sottile che imperava nel silenzio? Perché si sentiva osservata, pur non vedendo nessuno? Con il cuore in gola si allontanò dalla porta e si pose al centro della stanza. Vedeva a destra il televisore spento con qualcosa di scuro che aveva macchiato lo schermo e allora respirando profondamente, quasi trattenendo il respiro, portò la luce alla propria sinistra.
    «O mio Dio…», bisbigliò paralizzata, con la torcia che feroce piombò sul pavimento di piastrelle producendo un suono che si sentì per Cristina in tutto il mondo. «Non di nuovo…»
    I due poliziotti giacevano sul divano, uccisi con un’arma da taglio, quasi decapitati. Non avevano avuto il tempo di fare nulla, erano ancora seduti comodi, solo la bocca era aperta; non aveva potuto vedere nulla prima che venissero illuminati solo i piedi, ormai rossi. Ma comunque aveva visto la cosa che più di tutte l’aveva colta nell’orrore: BJ scritto col sangue sopra di loro, sul muro bianco.
    Erano morti, massacrati da qualcuno nell’appartamento!
    Fu allora che sentì una sonora risata, una risata argentina, che la irrigidì completamente, pura gioia. Cristina subito si portò le braccia lungo i fianchi, le mani alla bocca, le gambe strette, il viso perpendicolare al corpo, e così vide lo specchio. E così vide lo specchio. Lo specchio che, dietro di lei, rifletteva un viso pallidissimo, così pallido da riflettere la luce, e due occhi che cangianti divennero da gialli fosforescenti - quegli occhi fosforescenti! – a buchi neri che si persero nel buio. Il Terrore di Halloween era lì, dietro di lei!
    «Alla fine è stato meglio stare con noi stasera, vero? Tutto più facile», rise, con una lama che si rifletté nello specchio, «Non serve urlare, nessuno accorrerà in tempo. Vuoi giocare?»
    E dopo qualche ora la risata argentina fu l’unica cosa che si sentì in quel condominio, dove tutti gli altri inquilini erano usciti per partecipare a feste o stare al sicuro in altri posti.
     
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