Il blog di Tony

Posts written by Tony!

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    Era stata una giornata soleggiata, calda.

    Quando aveva posato il pettine d’avorio lavorato a mano e scolpito con le figure di un fiore morente, quando lo aveva posato sul comodino al fianco del letto non avrebbe mai potuto immaginare cosa quel giorno le sarebbe successo. Le sue labbra umide erano annoiate, passava il tempo a mangiucchiarsele mentre con le unghie nere con pois argentei tamburellavano sul tavolino servitore in mogano. Quando aveva posato il pettino d’avorio la luce del mattino la cercava, ma nonostante la luminosità della stanza quell’esile raggio non riusciva a oltrepassare la testata del letto: lei era nell’ombra mentre l’insegnante paonazzo di sudore farneticava davanti a una lastra nera piena di decorazioni inutili.

    Era stata una giornata soleggiata, calda. Luminosa.

    La aveva infastidita parecchio avere subito il dovere di sprecare una delle rare giornate di sole nella sua camera, dentro all’ombra con l’apparecchio appoggiato al mogano sulle lenzuola di lino rosso. Era stanca di dovere passare le giornate chiusa in casa, come se fosse una vergine chiusa in attesa che un signore le facesse la proposta di matrimonio; prima di passare di proprietà. Pure in quella giornata chiaramente soleggiata, per quanto le tende nere tirate potessero lasciare intendere, era dovuta restare in casa ad ascoltare ciò che quel noioso aveva da dire al resto della classe.

    Era stata una giornata soleggiata, calda. Luminosa. Sprecata ad ascoltare.

    I lunghi capelli d’oro, quasi scolpiti e manipolati in lunghi ricci con gli attrezzi del divino Efesto, le incorniciavano il viso lentigginoso. Era bianca, come il latte più puro senza alcuna impurità. Solo le lentiggini rosse sul naso e le guance rosee dipingevano distrazioni possibili a quegli occhi viola, scuri, profondi, in realtà di un blu così oscuro che la gente osservandola potesse ingannarsi di adorare una dea scesa in terra. Li aveva appena pettinati, lo strumento bianco era ancora posato sul comodino a fianco del letto a baldacchino, ma aveva subito ripreso a passarseli tra l’indice e il dito medio; il resto delle punte le coprivano il corpo che le lenzuola non erano in grado di coprire. Sospirava intrappolata nella trappola di mogano. Molte volte gli occhi le cadevano verso la testata, verso l’unica finestra, verso l’unico balcone della stanza; prontamente coperto con scuri tendaggi dalle servette imbecilli.

    Era stata una giornata soleggiata, calda. Luminosa.

    Era stata una giornata lunga e calda. Se qualcosa fosse successo lei se ne sarebbe accorta: ore passate rintanata a letto ad ascoltare un professore ciarlare mentre lei era rinchiusa nelle proprie stanze per studiare. Erano settimane, poi mesi, ora perfino anni che le costrizioni la costringevano a rimanere costretta a letto o se osava uscire costretta a indossare una maschera che nascondesse il naso e la bocca che tanti sventurati bramavano ma che lei non aveva mai concessa. E passava le ore con il suo strumento, di dolori e di piacere, di assuefazione e di dipendenza, per ascoltare ciò che i professori dal vivo non potevano ascoltare, per comunicare con persone non incontrate mai veramente o conosciute profondamente. Stava costretta a letto perfino in una giornata luminosa. Calda. Come lei.

    Era stata una giornata calda.

    Ma fu quando il computer si spense che rimpianse totalmente di non stare correndo a piedi nudi nel parco della sua villa che soleva chiamare giardino! Quando ogni attività nel mezzo si spense, lo schermo si oscurò e il riflesso di una deliziosa e pura ragazza dai capelli d’oro e le labbra fragolacee si mosse.

    Luminosa.

    Mentre si riprendeva dal suo spavento ignominioso, si accorse che aveva scalciato dal terrore: il tavolino appoggiato alla pelliccia di orso bruno che le fungeva da coperta si era ribaltato, con esso il congegno elettronico ormai irreparabilmente spezzato nei due pezzi della sua conchiglia. I lunghi capelli non erano più posati sui seni ma avevano deciso di plasmare la figura di una calda nube del tramonto senza vento, sparsi nell’aere, le labbra rosse si erano contratte in un urlo osceno, gli occhi viola si erano dilatati prima di venire racchiusi nelle palpebre per lunghi ed estemporanei minuti. Quando si riprese, si tirò a sedere, guardò alla propria destra e trasalì, coprendosi la propria viva purezza con la pelliccia morta: non era sola.

    A osservarla in piedi si stagliava una donna altera, bella, di trascendente potenza. I lunghi capelli ricci le ricadevano mentre un sole splendente e luminoso li irradiava come fossero una piccola massa astrale capace di illuminare lo spazio circostante. Gli occhi blu così profondi da apparire violacei agli occhi esterrefatti della ragazza la fissavano rilassati, mentre le belle labbra scarlatte sorridevano placidamente. Indossava una veste trasparente che nascondeva in bella vista il corpo scolpito nella grazia divina, la copriva come se fossero state le lenzuola strappate via dal materasso di un letto a baldacchino, se si sforzava molto concentrandosi in tutta quella magnifica immensità, la ragazza poteva anche scorgere quelli che sembravano peli marroni sparsi sulla veste come se qualcosa simile ad una pelliccia vi fosse stata posata fino a un attimo prima. Ma erano gli occhi così profondi da apparire violacei agli occhi esterrefatti della ragazza che ne catturarono definitivamente l’attenzione: erano calmi, uno sguardo calmo, calma fu la voce che la ragazza udì:

    «Ave, Maria, grátia plena, Dóminus tecum. Benedícta tu in muliéribus, et benedíctus fructus ventris tui, Iesus. Sancta María, Mater Dei, ora pro nobis peccatóribus, nunc et in hora mortis nostrae…»

    E si inchinò mentre la ragazza, studentessa modello di un liceo classico, sbarrava gli occhi nei pressi della propria turbazione per gli eventi che sconvolsero la sua giornata calda, torrida e soleggiata passata fino a quel momento nell’ombra.


    Questa è una mia interpretazione della venuta dell'Arcangelo Gabriele per annunciare a Maria di essere stata scelta per concepire Gesù Cristo; l'idea mi è venuta grazie al corso online di scrittura creativa sostenuto dalla Bottega di Narrazione, che ho sostenuto nel 2021 per alcune settimane.
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    The Ultimate Doom è un videogioco First Person Shooter uscito nel 1995 nei negozi, di genere horror tra la fantascienza e il fantastico religioso.

    ultimate_doom_copertina

    Trama (dalla Wiki di Doom):

    Il giocatore indossa i panni di un marine spaziale, deportato su Marte per aver assalito un superiore che gli aveva ordinato di sparare su civili disarmati. Nei libri dedicati a Doom si fa riferimento a “Flynn Taggart”, e più in generale viene indicato con il termine Doomguy (letteralmente “tizio di Doom”). Costretto a lavorare per la Union Aerospace Corporation, il protagonista viene inviato ad indagare su un terribile incidente avvenuto in esperimenti militari sul teletrasporto tra le due lune Phobos e Deimos: orde di mostri hanno cominciato ad uscire dai portali di teletrasporto, e il satellite Deimos è sparito. Il personale residente su Phobos, inoltre, è stato trucidato o trasformato in zombie. Una volta arrivato alla base su Phobos il giocatore è lasciato all’esterno per mantenere le comunicazioni con Marte, mentre il resto della squadra entra nell’edificio. Presto però il contatto radio con gli altri membri del team cessa e il nostro eroe si trova davanti a un mucchio di cadaveri di marine.

    Commento generale:

    The Ultimate Doom è un videogioco horror in cui dobbiamo usare diverse armi (prevalentemente da fuoco) per farci strada tra orde di nemici bramosi delle nostre carni; la maggior parte di questi mostri sono presi dalla mitologia norrena o cristiana e altri sono frutto di esperimenti cibernetici.

    Ideato utilizzando la mia adorata pixel-art che sapete amo perché caratterizza le prime – e migliori – generazioni di Pokémon, The Ultimate Doom riesce a delineare tre episodi ricchi di una decina scarsa di livelli e tante ambientazioni differenti.

    The Ultimate Doom presenta 4 episodi ciascuno con 9 livelli al suo interno, compresi quelli segreti e quelli contenenti solo i Boss.

    A me è piaciuto molto giocare a The Ultimate Doom perché i livelli, pur essendo labirintici, pieni di rumori inquietanti e ricolmi di nemici nascosti dietro agli angoli, li ho trovati più rilassanti di quelli di Doom 2016: infatti, qui siamo noi a entrare in labirinti protetti da mostri e non sono i mostri che si teletrasportano a ondate aggressive; al massimo i nemici nelle stanze una volta che si sono accorti della nostra presenza possono avvicinarsi a noi ma non si ha mai l’effettivo sentore di essere cacciati ma piuttosto di essere respinti.

    Tuttavia, c’è da dire che io ho giocato a The Ultimate Doom utilizzando la difficoltà minore, proprio per godermi appieno gli ambienti e studiare i nemici.

    Ultimate_Doom_Cyberdemon_ucciso_con_la_pistola


    Commento veloce su ogni episodio:

    Knee-Deep in the Dead. I livelli sono ambientati nell’hangar e quindi gli ambienti sono ispirati a laboratori ed edifici chiusi; sono frequenti pareti rocciose o metalliche, ma anche pozze di acido. Devo dire che la maggior parte dei livelli sono di facile comprensione, solo gli ultimi accennano a una minima difficoltà di orientamento. I nemici sono perlopiù Imp e soldati posseduti, mentre come boss di fine gioco ci sono due Baron Of Hell ak loro debutto nella campagna, ho adorato quel livello perché era il più inaspettato come trama!

    The Shores of Hell. Questo episodio rappresenta il ponte di collegamento tra Marte e l’Inferno: i livelli diventano più labirintici e vasti, le musiche più inquietanti e c’è una grandissima varietà di ambienti tra cui anche texture naturali. Il bello è che ora ci sono tutti i nemici di The Ultimate Doom e quindi anche i Baron Of Hell che nell’episodio precedente fungevano da boss finali del gioco. Iconica la mappa finale con il Cyberdemon, mi ci sono voluti alcuni salvataggi di circostanza ma per una volta il joystick mi è stato d’aiuto per schivare e sparare contemporaneamente e sono riuscito a sbloccare un trofeo perché l’ho ucciso con un colpo di pistola finale!

    Inferno. Questo è l’episodio più caratteristico dell’intero videogioco; a me piace molto perché i labirinti diventano onirici con largo uso di cadaveri, sangue, rocce, lava e teletrasporti: sono riusciti a creare un loro Inferno e a renderlo loro secondo la loro visione di un Inferno abitato da demoni mangiatori di uomini. L’unica pecca è la battaglia finale con il boss Aracnotron: è molto più semplice da uccidere ma avendo il boss colpi inschivabili è solo questione di tempo e risorse prima di schiattare se non lo uccidiamo in tempo.

    Thy Flesh Consumed. Non mi piace, per me è il peggiore e la map design è inutilmente complicata: livelli stracolmi di nemici, pavimento danneggiante senza l’uso della tuta (o comunque sono poche), i labirinti sono di difficile comprensione con eccessi di teletrasporti. L’unica cosa positiva è l’ultimo livello perché ti lascia almeno una buona impressione grazie a una mappa piena e un Aracnotron che non è l’unico nemico difficile ma è l’apice di un’esplorazione cangiante e ricca di momenti interessanti.

    ultimate_doom_inferno


    BOSS PREFERITI IN ORDINE DI PREFERENZA: Cyberdemon (II), i due Baron Of Hell (I), Aracnotron (IV) e Aracnotron (III).

    EPISODI PREFERITI IN ORDINE DI PREFERENZA: Inferno, Knee-Deep in the Dead, The Shores of Hell e Thy Flesh Consumed.

    Conclusioni:

    The Ultimate Doom è un bel videogioco iconico che ha fatto la storia dei FPS e giocarlo ora non è invecchiato per niente. Vi consiglio di giocarlo e consiglio, anche, la lettura della sua Wiki che trovate qui e il canale YT di Davi Doom che come dice il suo nick porta principalmente contenuti dal franchise.

    Ciao e alla prossima, fatemi sentire qui sotto cosa vi pare di The Ultimate Doom e se lo avete mai provato! Prossima tappa? Doom 2!


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    Uno straniero allo specchio è un libro pubblicato nel 1976 da Sidney Sheldon, premio Oscar per la sceneggiatura di Vento di primavera nel '48. Parla dell'ascesa a divo e del matrimonio di Toby Temple con l'aspirante attrice Jill, e si vede che è scritto da uno che vive e lavora nell'ambiente hoolywoodiano!



    uno_straniero_allo_specchio



    Trama:
    Tony Temple, grande divo e grande canaglia, è adorato dal pubblico televisivo e cinematografico e temuto dai più potenti personaggi del mondo dello spettacolo. Ma è anche il più solo degli uomini. L'incontro con Jill Castle, una sensuale e misteriosa bellezza che sta cercando di sfondare a Hollywood, fa scaturire in lui la scintilla del desiderio. Ma il fuoco della loro passione ben presto li consuma, trasformando la bella favola rosa in tragedia.

    Commento:
    Leggere Uno straniero allo specchio è stata una bella esperienza, con una narrazione fresca e accattivante. Si vede che l'autore è un premio Oscar alla sceneggiatura: il mondo holliwoodiano è descritto con dettagli e pettegolezzi, i personaggi si raccontano e parlano come se fosse la cosa più normale e i veri eventi cinematografici si mescolano con quelli di finzione in maniera veramente affascinante.
    Il libro è essenzialmente suddiviso in 3 parti, per narrare l'intera vita dell'attore fittizio Toby Temple.
    La prima parte vede l'infanzia e l'inizio di carriera dell'attore, qui vengono spiegate le sue origini e il passato; questa parte è molto carina perché vediamo un Toby semplice alle prime armi che cerca di emergere e combatte con le amarezze e il pubblico svogliato dei localini. Ogni tanto, a fine capitolo c'è una piccola parte della narrazione per Jill e la vita fino all'adolescenza.
    La seconda parte del libro vede la santificazione a divo di Toby mentre sempre più spazio viene dato a Jill: infatti, i due sono destinati a incontrarsi e innamorarsi e quindi viene mostrata la carriera della giovane (molto più giovane di Toby) Jill. Questa parte è interessante perché mostra come il successo abbia cambiato drasticamente il carattere di Toby ma anche come l'insuccesso abbia rovinato l'orgoglio e il pudore di Jill fino ad andare a letto con i produttori e i direttori di casting per avere una parte in un qualche lavoro.
    La terza parte narra il matrimonio dei due e il successivo declino (non faccio spoiler) della coppia. Qui dico solo che è evidenziato il vero carattere parassitario e vendicativo che Jill ormai ha sviluppato con il matrimonio; ho odiato il personaggio sopprattutto perché per tutto il tempo ero stato portato a parteggiare per Toby!

    Il libro è molto bello, ha uno stile accattivante e non mi sono praticamente mai annoiato. Se le prime due parti sono le più belle dal punto di vista descrittivo e narrativo (perché Toby è un mattatore) la terza funziona benissimo perché sale il ritmo e ormai il destino di Toby ci è caro.

    Libro consigliatissimo!

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    Jane Eyre (originariamente pubblicato col titolo di Jane Eyre: An Autobiography) è un romanzo di formazione della scrittrice inglese Charlotte Brontë, uscito nel 1847 sotto lo pseudonimo di Currer Bell e rivelatosi come il capolavoro della scrittrice inglese.

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    Trama:
    La trama del romanzo ruota attorno alla difficile e tormentata storia d'amore fra la protagonista Jane Eyre e il signor Rochester, tipico eroe byroniano tormentato da segreti inconfessabili. Parte da lei bambina vessata e incompresa, si chiude con lei adulta felicemente sposata con Rochester.

    Commento:
    Leggere Jane Eyre è stato molto interessante, la lettura è molto scorrevole e non annoia praticamente mai. La scelta di avere una narratrice onnisciente in prima persona che a volte si rivolge allo spettatore per me è stata vincente, anche se a volte mi è sembrato che rompesse la quarta parete perché altrimenti non avrebbe saputo in quale altro modo fornire alcune informazioni e opinioni in modi altrettanto interessanti.
    Avendolo sommariamente studiato al liceo nel filone della letteratura gotica e romantica (assieme a Frankenstein) non ho trovato grandi riferimenti al gotico e nemmeno alla molto citata casa freudiana: i dialoghi più importanti per me avvenivano all'esterno, non al primo piano. Per chi non sa cos'è, la narrazione dovrebbe seguire questo schema: al pianterreno ci sono le formalità, al primo piano le interazioni senza maschere sociali e al secondo piano i segreti intimi & la donna pazza. Solo che io ciò non l'ho trovato.
    Per me le descrizioni dei palazzi e dei costumi (e le tradizioni) dell'epoca sono molto interessanti e intrattenenti ma soprattutto nella prima parte del romanzo Jane era veramente antipatica: da gran cessa quale era, si permetteva di giudicare sempre con severità i corpi altrui definendoli anche privi di valori o virtù e dimostrando pure di discriminazioni (razziali?) dell'epoca.
    Inoltre, ho notato fortemente che l'autrice è figlia di un ecclesiastico: la religione positiva viene fortemente criticata e secondo me in Jane l'autrice ha espresso una forte voglia di ribellione!

    Io consiglio la lettura, è un bel libro anche se alla fine non credo che lo rileggerò. Peccato per la piccola e dolce Adele che era tanto simpatica.
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    Bastard!! L'oscuro dio distruttore è un manga di Kazushi Hagiwara di cui ho letto il Volume 9 (del 1998) edito nella versione italiana.

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    Trama:
    Questo volume contiene due episodi: Tempesta di Primavera e Alba; trattano dell'attacco da parte dei Generali della Magia contro la base dei samurai ribelli e del risveglio di Dark Schneider da parte di Yoko.

    Commento:
    Non avevo mai letto il manga Bastard!! e devo dire che mi è piaciuto parecchio anche se molti eventi erano probabilmente oltre la mia superficiale compresione! La trama è molto precisa, di sicuro non è puntuale ma prosegue dando una lunga lore e quindi io da lettore occasionale ho capito molto poco.
    Secondo me la narrazione è ambientata in un futuro apocalittico perché viene citato Hitler e ci sono le rovine di grattacieli; inoltre, è presente la cultura generale del nostro tempo: di sicuro non è ambientato nel passato. Comunque, sono presenti svariate creature mitologiche e mostruose, assieme all'utilizzo della magia ma anche della tecnologia sia medievale sia futuristica. E' molto difficile collocare la narrazione in uno spazio-tempo precisi!
    I disegni sono molto belli, sono perlopiù molto raffinati e pieni di dettagli, in uno stile affascinante e ricco di decorazioni; i disegni più belli sono ovviamente quelli riguardanti i due protagonisti ma tutto è fatto molto bene, con particolare apprezzamento sulle ambientazioni e i costumi.
    I toni invece sono per un pubblico adulto: sono presenti numerose scene di nudo integrale e linguaggio scurrile, oltre a gore e scene di sangue cruente. Il che è pure un peccato dato l'alto numero di censure!
    L'edizione italiana infatti non mi è piaciuta perché è fortemente e senza giustificazioni censurata! E presenta in diversi punti errori di stampa, con le vignette tagliate ai lati.

    Un manga molto interessante, ma forse non da leggere nella versione italiana originale...
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    Frankenstein (Frankenstein; or, The Modern Prometheus) è un romanzo di genere gotico e fantascientifico scritto dall'autrice britannica Mary Shelley fra il 1816 e il 1817, all'età di 19 anni.

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    Trama:
    Nell'estate del 1816 un gruppo di poeti e letterati, guidati dal già celebre Lord Byron, si trovò isolato per il maltempo in una villa sul lago di Ginevra. Spinto dalla noia e suggestionato dalla lettura di una storia di fantasmi, Byron propose a tutti i suoi amici di comporre ciascuno un racconto che fosse il più terrificante possibile. Nacque così "Frankenstein, o il moderno Prometeo", scritto dalla diciannovenne Mary Wollstonecraft Godwin, che poco più tardi avrebbe sposato Percy Bysshe Shelley. Colpita dall'ipotesi, ventilata dalla scienza di quegli anni, che grazie al galvanismo si potesse ridare la vita ai cadaveri, la giovane creò la storia dello scienziato Victor Frankenstein, che riesce ad animare una mostruosa creatura ma paga il risultato scientifico con la perdita di tutti gli affetti. Una storia angosciante, una favola potente e terribile che fin dal suo primo apparire, nel 1818, si è imposta nella cultura occidentale con la sua forza di mito antico e contemporaneo.

    Commento:
    Leggere Frankenstein è stata un'esperienza molto interessante sia per la narrazione romantica sia perché mi ha riportato agli anni del liceo, quando lo studiammo a letteratura inglese.
    Questo libro è perfetto per mostrare come il gotico sia figlio della cultura romantica: infatti, pur essendoci le caratteristiche tipiche del genere gotico, a essere esaltati sono i sentimenti umani e le bellezze e l'infinità della natura. Inoltre, orrore e dramma si miscelano in una storia ricca di apatia e tristezza, governata dall'arroganza e dalla vendetta.
    La narrazione si divide in due, con una metanarrazione. La cornice è epistolare e serve a introdurre e porre una fine alle vicende di Frankenstein e della sua creatura (non a caso) senza nome; la vera storia invece è raccontata in prima persona e ciò fornisce al lettore solo una chiave di lettura soggettiva degli eventi.
    Personalmente, lo scienziato mi sta leggermente sulle palle, ha peccato di Hybris e ne ha pagato le conseguenze; invece, la creatura è il prodotto della società che l'ha rifiutata fin dalla nascita e quindi la sua vendetta in un certo senso da me è giustificata. Se da una parte l'uomo non fa altro che cercare di soddisfare il proprio egoismo e le proprie ambizioni creando una creatura senza nemmeno chiedersi cosa sarebbe successo, dall'altra c'è la creatura che si sente rifiutata e rigettata anche se compie del bene, straniera in un mondo a cui appartiene.
    Questo libro secondo me affronta tematiche quali xenofobia, isolamento e vendetta in un modo molto agrodolce, anche se la commiserazione del protagonista a tratti è veramente molto - troppo - pesante. Sorprende, alla fine, il numero di morti quando alla fine è la storia dell'arroganza di uno e della miseria dell'altro.

    Lo consiglio!
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    ZzhMCID

    Austin Dove ÆÐ sei Umbreon! Sei una persona solitaria e introversa! Il tuo momento preferito della giornata è la sera quando ti dedichi ai tuoi hobby e hai tempo per te. Non sei molto loquace, ma lasci intendere i tuoi pensieri con gli sguardi. Preferisci circondarti di pochi amici, ma fidati e sinceri.

    Test della personalità offerto da Pokémon Dark
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    Dall'elegia di Tibullo alla favola di Fedro: antologia di testi poetici commentati è il secondo volume della serie antologica dei testi poetici latini, in allegato con Il Corriere della sera.

    Dallelegia_di_Tibullo_alla_favola_di_Fedro_antologia_di_testi_poetici_commentati



    Contenuti:
    "Nel secondo volume antologico dedicato alla poesia latina vengono proposti e commentati altri importanti generi quali l'elegia, la poesia bucolica, la satira e la favola." (Introduzione presa dal retrocopertina).

    Commento:
    Questo volume, l'unico comprato della serie che ho comprato finora, è stata una lettura molto informativa.
    Strutturalmente è fatto in maniera semplice e diretta: ogni macro-argomento si apre con un'introduzione sulla sua evoluzione e poi vengono elencati gli autori più importanti accompagnati da una singola presentazione per ciascuno e una loro opera tradotta e commentata a lato.
    Non bisogna farsi spaventare dalle 900 pagine del libro: infatti, la numerazione delle pagine riprende quella del volume precedente (inizia da pagina 500) e a metà libro inizia una trattazione per schede di tutti gli autori latini importanti, anche quelli non citati, dando una base biografica e la bibliografia per approfondire.

    E' stata una lettura interessante e la consiglio; costava anche poco!
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    «Sì, certo. Ci penso io!»
    Tommaso chiuse l’ombrello, lo mise dentro all’ombrelliera posta vicino al muro vetrato e richiuse la porta dietro di sé. Guardò lo schermo del cellulare: Annalisa aveva riagganciato subito, era sempre molto impegnata. Così impegnata che lo aveva convinto a tornare al laboratorio da solo. Solo.
    “Come al solito”, pensò mesto il ragazzo.
    Ancora fradicio dalla tempesta che imperversava fuori dall’edificio, si tolse lo zaino di spalla e si diresse verso gli armadietti; guardandosi indietro, notò che gocciolava acqua a ogni passo, le sue orme marroni e amorfe sporcavano il pavimento di piastrelle grigie. Sospirò. Lontano, tra un rombo e un altro, intravide in mezzo ai lampi nel suo ufficio il professor Banavasi, ma noncurante di essere stato notato o meno, Tommaso raggiunse gli armadietti.
    Là, aprì il primo che trovò aperto e vi mise il giaccone bagnato e lo zainetto, da cui aveva tirato fuori il quaderno per gli appunti, la penna e le cuffiette. Non gli importava che lo zaino e il giaccone essendo bagnati dovevano essere messi in un luogo più caldo e aerato di un armadietto: l’unica cosa che gli passava per la mente era finire il lavoro e prendere il treno per Lancenigo.
    Non era andata come avevano previsto, doveva ricontrollare ogni singolo organismo.
    Con Britney Spears nelle orecchie e grandi borse sotto agli occhi, il ragazzo si issò su uno degli sgabelli del laboratorio di microscopia e preparò gli appunti. Starnutì per l’odore della soluzione usata per mantenere morbidi e analizzabili gli insetti e rabbrividì per il tuono che stava rimbombando in quell’esatto momento: era stato così forte che pur avendo la musica a palla nelle orecchie lo aveva percepito a causa delle vibrazioni nel pavimento!
    Quello che doveva fare era guardare meglio la larva di un insetto, l’aveva confuso con uno della famiglia delle Tipulidae, mentre in realtà apparteneva alle Limoniidae. Un errore imperdonabile, dovuto alla grande somiglianza delle forme e dei colori dei due campioni. Certo, almeno erano riusciti a identificare gli altri, ma solo lui poi aveva dovuto tornare in università, in laboratorio, nel cuore della tempesta, per riparare al danno creato dalla scorretta identificazione. Come sempre. Anche al torrente, quando avevano dovuto campionare, era stato l’unico a doversi immergere fino alle ginocchia per tenere il retino e sempre lui aveva dovuto raschiare il fondo del corso d’acqua per smuovere tutti gli organismi macro bentonici. Sempre e solo lui. Un lavoro di gruppo vissuto nella solitudine.
    E questi insetti, tutti uguali da larve; e l’analisi di studio si basava proprio sulle larve, ovviamente! Ne avevano presi secchi interi, analizzati per ore e giorni. E ora era di nuovo lì. Sembrava quasi che quegli essere abominevoli e maleodoranti, così pieni di intrugli chimici perché non si rattrappissero su se stessi, lo sbeffeggiassero nella penombra della stanza: esseri informi dalla risata raccapricciante, con le loro antenne lunghe e spigolose, le loro grandi mandibole brulicanti di saliva e il corpo più simile a una sacca piena di pus e pronta a esplodere. Stavano là e lo deridevano, lo indicavano con le lunghe zampe dentate ma si nascondevano alla luce, non volevano essere notati, non volevano essere identificati. E Tommaso, a causa della luminosità della torcia del microscopio, li vedeva in controluce come esseri informi e…
    E…
    Un urlo lo svegliò. Una ragazza aveva urlato. E non c’erano più tuoni. Né pioggia. Le cuffiette erano spente, da esse non usciva musica. L’unico suono era il proprio respiro, mentre si accorgeva che la nebbia aveva invaso l’edificio, e che una ragazza stava urlando di dolore e spavento.
    Dove si trovava? Tommaso poteva benissimo capire che il laboratorio, come almeno lo conosceva, era stato stravolto, non esisteva più.
    Il lungo bancone bianco su cui aveva posizionato la propria postazione di analisi dei macrobioti era scomparso, lasciando un lungo e profondo solco. Per poco il ragazzo non cadde: si era assopito su quello che sembrava uno sgabello di legno, basso, umido, puzzolente, viscido. Tommaso non capiva cosa stesse succedendo: cos’era quel posto? Come poteva essersi mosso mentre era addormentato? E cos’era tutta quella nebbia che aveva inghiottito l’intero pavimento e sembrava scavalcare le finestre? Cos’era quella luce spettrale che la illuminava di un pallido azzurro?
    Tommaso non capiva.
    Per quel poco che riusciva a scorgere, la stanza sembrava completamente divelta. Tutte le piastrelle dei muri erano scomparse, lasciando il posto a logore assi di legno da cui filtrava lo spettrale alito demoniaco. Il ragazzo non osava nemmeno abbassare i piedi dal sostegno dello sgabello: avrebbe giurato che anche il pavimento fosse ricoperto di qualcosa di molle e fluido, che si muoveva come un ammasso informe di vermi! Ma era coperto dalla nebbia… Purtroppo, la nebbia ne copriva la vista, ma non l’orribile rumore viscido. Tutto in quella stanza era sbagliato.
    Tommaso si tolse le cuffiette, erano zitte, se le mise in tasca. Non si era nemmeno accorto ce le avesse ancora addosso; il resto della roba, svanita, persa nella nebbia, dispersa come il bancone su cui si era addormentato. Non potendo vedere molto, provò ad ascoltare: sentiva il silenzio, non c’era un briciolo di vento, o il cinguettio degli uccelli, o il rumore assordante del traffico, dei clacson; solo un lamento, molto fievole, poco fuori la stanza, di una ragazza.
    «Someone… Just… Help me please…»
    Fu per lei che Tommaso scese con cautela dallo sgabello e mise i piedi fino al calcagno nell’ammasso di vermi, con la nausea che gli saliva in gola mentre avanzava verso la grande bocca nera che vedeva dall’altro lato della stanza, bocca dalla quale colava un liquido verdastro.
    Il suono, il gemito, proveniva da una figura tutta raggomitolata su se stessa. Una ragazza probabilmente, dalle trecce, dalla voce roca ma femminea, dalla collanina che risplendeva ai raggi lunari. Lui la vedeva, mentre combatteva con la massa informe per spostarsi verso di lei; la vedeva raggomitolata a piangere. Smise di piangere solo quando la raggiunse.
    Lei, noncurante dei vermi che ancora cadevano dalle scarpe e dai vestiti di Tommaso, emise un piccolo stridulino rauco e lo abbracciò. Tommaso sentì che aveva le guance completamente bagnate, gelide. Anche la spalla era bagnata, ma il liquido che il giovane sentiva non era freddo: era caldo e appiccicoso.
    «Just… Just help me. Here I have a… This and a… And This!», disse la ragazza staccandosi all’improvviso da Tommaso, mentre prendeva da una propria tasca dei pantaloni un ago con un filo già attaccato ad esso. Quindi iniziò a togliersi la felpa, si abbassò la spallina della maglietta e portò una mano del ragazzo all’altezza del taglio: «You do not have to be precise… Just… Just do it. And then the generator!»
    Tommaso non capiva ma decise di accontentarla. Purtroppo non era mai stato un buon interprete dell’inglese, riusciva a capire solo qualche parola ogni tanto! Ma capiva il dolore della ragazza, il sangue caldo che fluiva, quell’odore metallico, viscido. Probabilmente doveva prendere quell’ago e ricucire la ferita, ma come fare?
    Chiuse gli occhi e lasciò le sue mani condurre il lavoro. Incredibilmente, l’operazione andò a buon fine.
    «I am fine, now. Thank you. He almost got me! And…»
    Tommaso continuava a non capire. O meglio, più o meno capiva ma non intendeva il senso della frase! Chi l’aveva quasi catturata? E soprattutto, com’era riuscito Tommaso a curare la ragazza senza nemmeno guardare cosa stesse facendo? Tommaso era incerto, confuso, incapace di comunicare. Sapeva solo che si trovavano in un posto oscuro, che c’erano strani macchinari fermi e che qualcuno stava dando loro la caccia. Doveva fare qualcosa, dovevano fare qualcosa: lui non conosceva quello strano posto, era tutto nebbioso e…
    Dei passi ovattati risuonavano nella nebbia; e un altro suono. Come metallico, metallo contro una superficie dura. Metallo trascinato, come una grossa unghia contro la lavagna. Un suono terribile, lento. Inesorabile.
    La ragazza si drizzò allarmata e si guardò intorno, Tommaso la imitò.
    «Move… Hide! Somewhere, fast! Fast, shit!» e corse via nella nebbia.
    Tommaso sbatté le palpebre più volte. Da lontano poteva scorgere una figura immensa, bianca in mezzo a tutta l’oscurità grigia. Come la vide una scarica di terrore lo invase, terrore incondizionato, come se sapesse di essere di fronte al suo predatore: il suo istinto di preda stava prendendo il sopravvento! Ormai quella figura si stava avvicinando, doveva fare qualcosa! Ma cosa? Tornare nella stanza dei vermi era fuori discussione, quindi il ragazzo si guardò intorno. Ecco, quel cumulo di macerie avrebbe fatto il caso suo, corse a nascondersi lì, tra una cassettiera sfasciata e un telo di nylon lacero.
    Attese che la misteriosa figura lo superasse.
    Forse quella nebbia lo avrebbe celato.
    La figura bianca lo raggiunse con passo pesante, il suono metallico era dovuto a un enorme piccone che si trascinava dietro, facendolo artigliare il terreno. Non era bianco, era avvolto in una tuta bianca, come quelle che si usano nelle ricerche e le analisi di materiali altamente pericolosi o tossici; i suoi occhi erano coperti da occhiali di protezione, ma il vetro non era scuro, era debolmente illuminato di rosso. Qualcosa, all’altezza degli occhi, emetteva una luce rossa. E se fossero stati gli occhi stessi a illuminare il vetro di rosso? Da quale orrore si stava nascondendo? E perché si trovava in quello strano mondo?
    Dalla disperazione Tommaso affondò le mani nelle tasche della felpa, come se il gesto potesse scacciare tutte le ansia. Quasi cacciò un urlo. Una larva era rimasta là dentro, viscida, viva, vomitevole.
    Proprio in quel momento la figura misteriosa lo guardò. Si avvicinò lentamente.
    Tommaso trattenne il respiro, con la larva che gli danzava nella mano sinistra.
    Non lo vide, quindi si allontano verso il muro opposto, sollevò il piccone e con un lungo arco lo usò per spaccare a più riprese prima la vernice, poi l’intonaco e infine i mattoni. Aprì un varco nell’oceano grigio fuori e si immerse in esso. Scomparve.
    «Hey! Guy, where are you?»
    Era la ragazza!
    Tommaso uscì dal suo nascondiglio e riconobbe la sua elegante e longilinea figura. Le corse incontro, seguendola infine verso uno strano macchinario. Non sapeva se l’avesse scorto prima, la sua mente era ancora piena di adrenalina, di terrore.
    Lei lentamente gli prese una mano e la portò nella parte inferiore del macchinario, dove si trovavano gli ingranaggi. Era pieno di rotelline, oggettini a scatto che erano duri, incastrati. Immobili. Poi portò la mano di Tommaso sul proprio cuore, e infine su quello del ragazzo. Quindi, lo condusse alla finestra e gli indicò un punto nella nebbia.
    Tommaso spalancò gli occhi e deglutì. Una grande porta metallica si stagliava in fondo, troppo grande perché persino la nebbia potesse nasconderla. Era di metallo, illuminata con delle fiaccole sospese. Era una di quelle porte elettrice, sicuramente.
    E infine, la ragazza lo riportò al macchinario e gli rimise la mano sul petto di lei.
    «Help us… Repair the machine… Save us, save yourself, save us from Them!»
    Tommaso prima guardò la sua faccia sfocata, poi il macchinario e infine in direzione delle grandi porte. Se erano elettriche voleva dire che qualcosa le doveva attivare. E quel qualcosa doveva essere quel macchinario, sicuramente. Un urlo indistinto risuonò nell’aria. Tommaso guardò la ragazza ed esalò un ok.
    La ragazza lo abbracciò e insieme si misero a lavorare.
    Non sapeva se sarebbe uscito dall’incubo, ma sapeva che finalmente non era solamente manovalanza. Era parte di un gruppo. Con un obiettivo comune.
    Vivere.

    Ciao! Questo è un racconto ispirato alle mie esperienze universitarie e al videogioco horror Dead By Daylight. Spero abbia apprezzato!
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    Il ritratto di Dorian Gray è un classico della letteratura inglese e manifesto del movimento dell'estetismo; lo scrittore è il celebre poeta Oscar Wilde e il traduttore è Vincenzo Latonico, per un romanzo molto intenso che unisce la bellezza alla vergogna.

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    Trama:
    Dorian Gray, giovane incredibilmente di bell'aspetto, riceve dall'amico pittore Basil il ritratto per cui ha posato per settimane; colpito dalla propria bellezza catturata nel ritratto, esprime il desiderio di non invecchiare mai e di rimanere come nell'opera d'arte per sempre. Sfortunatamente, per ignote ragioni, la sua preghiera viene ascoltata.
    Così, esternamente Dorian non invecchierà mai ma lo farà al posto suo il quadro; sfortunatamente, il quadro diventa un'esteriorità della sua anima, diventando sempre più brutto man mano che Dorian inizia a lasciarsi andare a una vita dissoluta, sotto ai consigli dell'amico e mentore Henry.

    Commento:
    Leggere Il ritratto di Dorian Gray è stata un'esperienza molto bella, anche se certe volte le descrizioni di sfarzo e bellezza erano eccessive; soprattutto perché data l'epoca antica, anche con le migliori intenzioni il traduttore è stato costretto a usare termini che non avevo mai sentito prima.
    Il romanzo è suddiviso in due parti: prima dello sbalzo temporale al trentottesimo compleanno di Dorian Gray e dopo lo sbalzo temporale al trentottesimo compleanno di Dorian Gray.

    La prima parte è un'introduzione al personaggio e racconta della sua bellezza, di come conosce i personaggi di Basil Hallward e Henry Wotton e di come venda inconsapevolmente la propria anima al diavolo per rimanere sempre giovane, bello e bono. Qui Dorian Gray inizia a essere consapevole della propria bellezza e dei vantaggi che essa porta ma è la compagnia di Henry che pian piano lo avvelena, portandolo a essere egoista e crudele; egoista e crudele come quando porta al suicidio l'innocente Sybil Vane solo perché non è più capace di recitare bene in quanto innamorata.

    La seconda parte invece presenta un Dorian Gray più anziano, un uomo maturo intrappolato negli ormoni e nei pettegolezzi di un perenne giovane; ormai la sua sola persona è nei suoi pensieri, uccide per salvaguardarsi, sfrutta il suo fascino e il suo potere sociale per fare ciò che gli pare e non si fa scrupoli a obbligare un lontano amico a coprirlo dall'omicidio appena commesso. Se prima ricercava i piaceri perché pensava fossero l'unico scopo nella vita, ora invece li ricerca perché sono l'unico oblio che può concedersi, consapevole di essersi dannato l'anima per sempre.

    Il finale è emblematico, fatale e inaspettato.


    Il ritratto di Dorian Gray è un romanzo che abbraccia totalmente la filosofia greca del bello e buono: Dorian Gray ha così tanto fascino non per le sue idee, ma per il suo corpo; per lo stesso motivo, è innocente e tutti i pettegolezzi che lo circondano non riescono a fare breccia nel cuore delle persone che lo circondano, almeno fino a quando non se ne stanca. Anzi, le descrizioni della bellezza dei giovani sono sempre importanti, prevalicano quasi la loro stessa personalità.
    Inoltre, la bellezza è lodata pure nelle opere d'arte, nei sonetti, nei panorami che offre la natura.
    Tuttavia, questa esaltazione della bellezza non deve far pensare che in Il ritratto di Dorian Gray non esista pure la bruttezza, la malavita, la depravazione; anzi: sono presenti, soprattutto nella seconda parte del romanzo, quando Dorian non ha quasi più inibizioni!

    Importante è infatti il concetto del quadro, che rivela com'è realmente la sua anima: il quadro non si inasprisce solo per le azioni commesse ma anche per quelle pensate, per le malignità che il ragazza pensa! E il fatto che diventi sempre più brutto e che torni bello quando il protagonista cerca di distruggerlo è, come già detto, emblematico. Perché rispecchia perfettamente la cultura del bello e del buono: quando Dorian ammette i suoi peccati, diventa vecchio e brutto.

    Cambiando argomento, i personaggi sono molto vaghi, a parte i principali. Conosciamo bene i principali, ma gli altri sono solo di contorno. E non perché Oscar Wilde è stato incapace di descriverli, ma solo perché l'ego di Dorian li trova interessanti fintantoché essi sono capaci di interessarlo; e a interessarlo non sono le persone in quanto loro stesse ma solo per la bellezza, il fascino e la cultura che sono in grado di offrire a Dorian Gray!

    Conclusioni:
    Il ritratto di Dorian Gray è un romanzo molto bello, la lettura scorre molto velocemente e lo consiglio a tutti. Sembra quasi che la mentalità unisca la bellezza al concetto di classe agiata e che Dorian Gray sia da disprezzare non solo perché pratica ogni sorta di piacere ma anche perché ha l'ardore di unirsi alle classi più dimesse. Se il ragazzo fosse vissuto oggi, il suo ritratto che diventa più brutto a ogni peccato sarebbe rimasto sempre bello.
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    Non sono convinto di volere sostenere questo genere di forum, non voglio schieramenti politici. Chiudo la discussione.
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    Swamp Thing è il terzo volume della saga fumettistica dell'ominimo eroe della palude, sceneggiata principalmente da Alan Moore; questo volume contiene i numeri dal 35 al 42 dopo una breve introduzione da parte di uno dei disegnatori sul loro viaggio editoriale.

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    Commento:
    Leggere Swamp Thing è stata un'avventura molto immersiva, poetica e ricca di riflessioni.
    La prima volta che mi ero approcciato al personaggio era stato con il videogioco per mobile DC Legends e ne rimasi affascinato: era una creatura legata al mondo delle piante e della terra, ma che al contrario di Poison Ivy usava i propri poteri per aiutare il prossimo (era classificata tra gli eroi del gioco); inutile dire che Swamp Thing è uno dei miei eroi preferiti!
    Leggere questo volume mi ha aiutato a capire meglio il mondo dietro a Swamp Thing. Swamp Thing era un uomo che si è ritrovato vegetale in un passato non mostrato dai numeri raccolti ma comunque ho potuto catturare il mutamento interiore del protagonista: sta pian piano capendo le proprie abilità e potenzialità. Non sa fare tutto fin dall'inizio, ma anzi comprende la sua capacità di rigenerazione quasi per caso, per sopravvivere e non morire definitivamente; Swamp Thing non è un uomo che ha capacità di controllo della natura, ma fa parte della natura stessa e per questo può sfruttarla per essere praticamente immortale.
    Leggere Alan Moore è stata un'esperienza immersiva, ho notato uno stile che crea paralleli tra storie vicine nel tempo ma lontane nelle tematiche per trasmettere il messaggio voluto con semplicità ma anche con grande profondità; i testi sono molto poetici, sembrano pura poesia in prosa.
    Le tematiche riscontrate finora sono: il problema nucleare, l'etica della sopravvivenza della popolazione, il sessismo verso la donna (anche se secondo me a livello di messaggio è la storia venuta peggio) e il razzismo.
    La mia storia preferita è Fish Story (scritta da Alan Moore, disegnata da Stan Woch e con le chine di John Totleben): è molto profonda e mostra tutte le abilità e la vera forza di Swamp Thing; anche il tema trattato è molto interessante, è quello dell'etica della popolazione. Da leggere assolutamente!

    Io ovviamente straconsiglio la lettura, ho fatto benissimo a comprare questo splendido volume, Swamp Thing è un personaggio molto profondo che si presta bene a varie letture e trasmissioni di messaggi. Fanno pure la loro comparsa Superman e John Constantine!
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    Dylan Dog, Old Boy: Horror Christmas è uno speciale natalizio di Dylan Dog contenente due storie originali a tema: Il Natale infinito e Per pagare e per morire.

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    Trama di Il Natale infinito (scritto da Onestini e disegnato da Piccatto, Riccio e Santaniello):
    Dylan Dog, Bloch e sua madre sono catapultati in un distorto mondo natalizio dopo avere giocato a un gioco da tavolo simile a Jumanji; in questa Londra dittatoriale è sempre la Vigilia di Natale e quindi i nostri eroi dovranno cercare di sopravvivere a un regime che vuole solo regali e gioia anche a costo di lavori forzati e pene capitali per chi non rientra nel clima natalizio.

    Trama di Per pagare e per morire (scritto da Faraci e disegnato da Gerasi):
    Dopo essere stato incantato da una sensuale strega, Dylan Dog e Groucho partono assieme a lei per un paesino nella Scozia; qui dovranno riuscire a sottrare un prezioso amuleto dalle mani di un uomo crudele quanto ricco, incapace di amare ma avido di ricchezze.

    Commento:
    Devo dire che sia a livello di trama che di disegni ho preferito di gran lunga il secondo racconto, anche perché aveva disegni molto dolci e curati rispetto ai tratti duri del primo; inoltre, se il primo episodio ha una trama che vede il Natale come esaltazione del capitalismo risaltato al massimo, il secondo narra una storia meno originale ma molto più divertente; entrambe le storie si rifanno a narrazioni già presenti nei media: il primo è simile nelle tematiche per esempio a Shrek4 mentre il secondo è chiaramente una parodia di Topolino!

    Ho adorato la seconda storia perché si rifà sicuramente al mondo di Paperopoli (anche se l'autore cita come sua fonte Il Canto di Natale di Dickens): infatti, tutti i personaggi secondari sono estremi dei celebri paperi! Come Amelia la Strega che ammalia c'è la sensuale Sandie, per Paperone abbiamo il sadico e ricchissimo Scott McDoug, che è anche padre di tre figli (il fortunato Glenn, il drogato Dick e lo sfigato Skeet chiaramente ispirati a Gastone, Paperoga e Paperino) e padrone di un maggiordomo leccapiedi e un inventore geniale; a condire il tutto abbiamo un amuleto a forma di monetina che ha aiutato Scott a uscire dal suo stato di povertà e un rivale ugualmente sadico a cui viene rivolta la minaccia di fargli ingoiare il proprio cappello.

    A livello di sceneggiatura il testo è brillante con battute (ovviamente di Groucho) esilaranti, diversi punti con metaletterattura (per esempio quando Sandie dice a Groucho che non serve il grassetto nel fumetto del personaggio per farle capire la sua ironia) e due flashback che spiegano il perfido passato dell'antagonista. Il finale poi è veramente carino: non ho veramente capito se sia il figlio, liberatosi del padre, a rivelare la sua vera natura o sia Sandie a renderlo come il padre per vendicarsi!

    Nell'insieme Dylan Dog, Old Boy: Horror Christmas è uno speciale veramente carino con due storie che si leggono molto piacevolmente; io ho preferito la seconda ma un vero fan di Dylan Dog potrebbe divertirsi a trovare alcune citazioni e risvolti di trama capibili dalle letture dei numeri passati!
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    Le creature del buio (The Tommyknockers), tradotto anche come Tommyknockers - Le creature del buio, è un romanzo horror fantascientifico scritto da Stephen King pubblicato nel 1987.

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    Trama:
    Nei boschi intorno alla cittadina di Haven l'aspirante scrittrice Bobbi Anderson trova un relitto metallico appartenente a una vecchia astronave aliena caduta sulla Terra. Con l'aiuto del poeta alcolizzato Gard Gardner, ben presto viene alla luce che tutti gli abitanti di Haven hanno qualcosa da nascondere...

    Commento:
    Leggere Le creature del buio è stata un'autentica delusione. Di Stephen King ho già letto capolavori come Pet Sematary (un po' morbosetto), Carrie e It e questo romanzo non mi è sembrato all'altezza.
    Secondo me, il problema centrale di questo romanzo è la narrazione discontinua: non c'è mai un protagonista fisso, la vera protagonista è la città stessa, Haven, ma comunque la narrazione preferisce narrare tante storie parallele che convergono insieme; ciò provoca grandi sbalzi spazio-temporali nella trama, una grande ripetizioni di eventi e la creazione di decine di personaggi che si perdono nell'enormità delle storie, brevi e singole.
    Le parti migliori sono la prima parte di Bobbi, la vita di Gardener a Haven e la scoperta dei Tommynocker, quando i noti vengono al pettine.
    Il romanzo poteva anche essere interessante, le parti che ho citato sono interessanti ma la narrazione è annacquata. Non capisco perché l'autore non sapesse come gestire le informazioni da dare al lettore o perché doveva semplicemente allungare il brodo. Quindi, dopo una narrazione lenta e quasi infinita nel suo proseguo, alla fine c'è un incasinatissimo snodo di eventi che mi ha solo confuso quando in verità doveva esserci la vera azione.

    Non mi sento di consigliarlo, mi è piaciuta la metafora dei Tommynockers come virus (e la mutazione degli Haveniani) e le loro abilità come bombe atomiche, ma la narrazione è la vera pecca, anche perché essa non permette di affezionarsi ai personaggi.
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    La Settima Musa

    Film molto elegante che tratta uno dei temi più importanti, l'elaborazione del lutto, attraverso un originale uso della mitologia greca. Queste Muse, come molti personaggi mitologici nelle rappresentazioni moderne, sono viste in tutta loro mostruosità e distanza dall'uomo: sono esseri trascendentali e usano gli esseri umani come marionette. La loro natura malvagia è mostrata anche dal vestiario (spesso accostato alla morte) e al loro accostamento con gli scarafaggi (animali degradanti la materia).
    Alcune svolte di trama le avevo immaginate (quando compare Colei che mente la seconda volta) ma i due twist sulle due Muse più importanti a livello narrativo sono stati inaspettati e mi hanno aiutato a mantenere alta l'attenzione. Notevoli anche le scene di violenza, mai veramente mostrata.
    Molto bello, lo consiglio.
1024 replies since 16/5/2016
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