Edipo Re

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    Edipo Re è una tragedia di Sofocle, messa in scena per la prima volta nel 429-425 o il 415-411, e nella gara dei tragediografi che si teneva durante le Dionisie è valsa al suo autore il secondo posto. Questa tragedia che ha come protagonista la famiglia regnante di Tebe dimostra il grande interesse e la grande conoscenza che avevano Sofocle e quindi chiunque dei greci verso la mitologia e la letteratura: infatti, la saga dei Labdacidi ha sicuramente ispirato quest’opera d’arte che nei millenni è diventata un vero e proprio classico.


    edipo-re




    Ma chi era Sofocle?
    Sofocle è stato un tragediografo nato circa alla fine del quinto secolo avanti Cristo e quindi possiamo dire con sicurezza che ha assistito alla parabola ascendente della democrazia ateniese, addirittura partecipando alla vita culturale della sua città come poeta e certe volte come magistrato, e intuito come si sarebbe conclusa la guerra con Sparta. Nel quadro di questa lunga situazione politica, egli ha colto il fragile destino dell’uomo nel mondo, racchiuso nel binomio inscindibile di capacità razionale e finitezza morale, e le insanabili contraddizioni dell’esistenza tra un’incerta presenza divina e la problematicità dell’organizzazione politica, delineando figure la cui tragicità emerge soprattutto da una condizione di estrema solitudine.
    Le fonti offrono notizie spesso contrastanti sull’entità della produzione sofoclea: infatti, più di un centinaio di opere di cui molte spurie sono attribuite a lui, anche se di questa vasta produzione ne sono rimaste a noi leggibili e comprensibili solo sette, oltre a un certo numero di frammenti e ben quattrocentocinquanta versi ritrovati in un papiro di un dramma satiresco. Inoltre, a Sofocle sono attribuite all’incirca una ventina di vittorie, alcuni secondi posti e mai terzi; il tutto agli importanti agoni teatrali che si tenevano durante le Dionisie.



    La visione poetica di Sofocle:
    Le vicende che Sofocle porta sulla scena mostrano la perfetta conoscenza del materiale epico: infatti, egli ritaglia i segmenti che meglio si prestano alle necessità di quanto vuole comunicare arrivando a rielaborare e ampliare sezioni delle leggende citate attraverso brevi riferimenti, veloci riepiloghi e allusioni quasi impercettibili. Comunque, i riferimenti al mito non sono necessariamente interni alla vicenda e quindi possono essere utilizzati solamente per esemplificare in modo enigmatico la situazione in atto, come accade nell’Antigone: il dolore della ragazza viene paragonato a quello provato da Niobe per la morte dei figli.
    I personaggi sofoclei acquistano una statura tragica grazie alla miscela operata dal loro autore, miscela che fonde sulla scena riflessione e racconto tradizionale. Da qui ci sono le riflessioni sulla mutabilità del destino dell’uomo e sull’impossibilità di valutarne le sorti prima del compiersi della vita(esemplari in Edipo Re): infatti, l’uomo è artefice della propria vita ma è anche costretto da limiti invalicabili dettati da Tuche, il destino. Inoltre, questi eroi si caratterizzano per il contrasto che li oppone all’ambiente circostante, che ne acuisce la disperazione e la risoluta solitudine; questa solitudine nasce sempre dalla consapevolezza del destino infausto che li attende e quindi non mostrano mai debolezze o incertezze conoscendo già la loro triste situazione che all’inizio della vicenda.
    Come già citato nel mio commento di Edipo Re, l’incertezza che domina l’uomo e gli dei assenti è resa tramite gli oracoli, vaticini oscuri ma incredibilmente importanti nelle vicende. La vicende dell’eroe di questa tragedia che consiglio è esemplare: egli si pone sulle tracce dell’assassinio del precedente re Laio secondo le istruzioni dell’oracolo di Apollo ma affidandosi alla ragione e alle indagini alla fine si riconosce colpevole. È questa prevalenza della ragione sul mistico che lo porta ad accecarsi: perché vedere se non ha visto prima la forza del mistico e dei suoi crimini?
    E poi, ultima caratteristica della letteratura sofoclea che porto alla luce per comprendere meglio Edipo Re è sicuramente l’ironia tragica. Infatti, assodato che miti presi come ispirazione sono conosciuti dalla maggioranza, il poeta li sfrutta per dare particolare rilievo ai personaggi in scena che vivono gli avvenimenti senza conoscerne il seguito; ma il pubblico lo sa benissimo, perché la stessa vicenda è già stata raccontata decine e decine di volte, tutta la Grecia la conosce già! Un esempio molto buono di ironia tragica è servito da Giocasta quando intima il marito di smettere con le sue ricerche perché a differenza del protagonista come il pubblico ha capito che niente di buono verrà alla luce da ciò. L’ironia tragica sortisce sempre un effetto straniante e veramente nel mio caso quasi soffocante: è come vedere senza potere fare nulla un bambino che lentamente si dirige verso un dirupo che non può notare, verso una terribile fine.



    Edipo nella mitologia:
    Edipo è universalmente conosciuto come il figlio del re di Tebe Laio, anche se i nomi della madre cambiano a seconda degli autori: i più famosi sono Epicasta, citata così nell’Odissea, e Giocasta come la conosciamo noi tramite le tragedie. Tralasciando il passato del personaggio che è narrato benissimo nella tragedia e che non si discosta dalle altre versioni, ecco alcune informazioni interessanti. Questo personaggio viene narrato o quantomeno citato da diversi autori: Sofocle, Omero, Pausania, Euripide, Apollodoro ed Eschilo; insomma, dai grandi autori del loro tempo!
    Il bambino è chiamato Edipo (che significa ‘dal piede gonfio’) perché da infante è stato abbandonato sul monte Citerone per essere ucciso dalle bestie avendo pure i piedi forati e legati, situazione che lo renderà in futuro irrimediabilmente storpio.
    Cresciuto con dei servi, ha lasciato la casa di suo padre a seguito di un oracolo e avvicinatosi a Tebe incontra, come citato nella tragedia di Edipo Re, la Sfinge! Lei gli fa la celebre domanda dell’essere che inizia su quattro zampe, poi due e infine tre e lui risponde giustamente che l’essere è l’uomo. Secondo alcuni il mostro furente si getta giù dalla rupe, seconde altri è lo stesso ragazzo a farlo. L’importante è che come ricompensa sposa la regina di Tebe Giocasta e ne diventa il re, dimostrando a tutti la propria integrità e l’arguzia che lo caratterizzavano. Da notare che sarà proprio questa sua integrità a rovinarlo…
    Nonostante il triste destino di Edipo, in Edipo a Colono l’uomo riceve la protezione perfino dell’eroe greco per eccellenza Teseo e nell’Iliade viene nominato perché viene detto che i suoi funerali sono stati svolti a Tebe. Questo fatto secondo me fa molto riflettere sule diverse situazioni che il destino ci propone: infatti, siamo solo formiche in balia dello tsunami del fato, pronto a travolgerci come meno ce lo aspettiamo!



    Edipo nella psichiatria:
    Tralasciando la visione di Freud che conoscono anche i muri, ho trovato interesse in quella di Paul Diel: egli vede nei tendini tagliati che lo renderebbero zoppo la riduzione dell’anima, riduzione che renderebbe il personaggio un uomo nervoso perché egli sovracompensa la propria inferiorità con l’attiva ricerca di una superiorità dominatrice, ma il successo esteriore può divenire causa della sua sconfitta interiore; inoltre, la gola stretta dove viene assassinato Laio, il padre di Edipo, simboleggia il subconscio, dove esiste il conflitto mortale che lacera l’anima dello zoppo: l’ambivalenza tra la vanità sconfitta e quella trionfante. Inoltre, sposare la propria madre potrebbe essere visto come un eccessivo attaccamento alla terra: infatti, Edipo esalta i propri desideri terreni e se ne rende prigioniero e proprio perché è estremamente vanitoso che non può accettare la verità di essere l’assassino del padre e il marito della madre e quindi si acceca solo per non vederla; l’accecamento vanitoso è completo, la luce interiore di estingue e lo spirito muore.
    Trovo questa visione della leggenda molto interessante perché alla fine chiunque può essere Edipo se non accettiamo la nostra identità e non apriamo gli occhi! Alla fine, se non ci ascoltiamo e non ascoltiamo gli altri subiremo qualcosa di simile alla maledizione di Medusa: ciò che non accettiamo ci pietrificherà e non potremo più vivere la nostra vita come vorremmo per i nostri sensi di colpa e le nostre rimuginazioni!


    Bibliografia:
    -Biondetti, L., Dizionario di mitologia classica: Dei, eroi, feste, Milano, Baldini&Castoldi s.r.l., 1999
    -Chevalier, J e Gheerbrant, Dizionario dei simboli: Miti, sogni costumi, gesti, forme, figure, colori, numeri, Trebaseleghe, BUR_Rizzoli, 2015
    -Del Corno D.,Cantarella R., Sofocle: Edipo Re, Milano, Oscar Mondadori, 2014
    -Rossi R., Gallici U. C., Vallarino G., Fadda M., Pezzoli F., Cignolo C.,Marchetti C., Mensio A., Menel E., Porcelli A., Crosetto F., Guarini E., Ellenikà: Letteratura testi cultura greca, Varese, Paravia, 2005


     
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    Edipo è solo un mito nel quale i suoi figli sono anche suoi fratelli. Lot, il "Giusto" perse la moglie e rimase con due figlie femmine: diventò il nonno dei suoi figli; la cosa che è vera è che sodoma e gomorra furono distrutte, il modo col quale ebbe una discendenza mi sconcerta, sempre che i rapporti con le figlie accaddero veramente. :(
     
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    non è solo un mito xD
     
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