Gaia

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    Ciao! Ho deciso di scrivere questo testo per omaggiare la madre terra. So che non è bello ma spero vi piaccia per come la rappresento, e spero che capiate cosa succede!

    «Basta discutere, la magia non esiste. Ne abbiamo parlato mille volte!»
    Detto ciò si alzò e ai ragazzi non restò altro che osservare la sua figura sinuosa scomparire inghiottita dalla luce. Una luce bianca, forte e splendente carica di colori accesi che la riportò sulla Terra, in un giardino profumato che circondava l’edificio scuro e di cemento armato in cui era stata rinchiusa per molte ore.
    Finalmente la scuola è finita. Dovrei rifarlo più spesso, si proprio così: non pensavo mi avrebbe allietata in tal modo.
    Gaia quella mattina era entrata in una classe sconosciuta, ma era stata accolta molto calorosamente sia dalle ragazze sia dai ragazzi. Qualcuno potrebbe dire per i lunghi e ricci capelli che le ricadevano sulle spalle larghe incorniciandole un viso ambrato e impreziosito dai due carboni ardenti che aveva al posto degli occhi; qualcun altro per la sua forma a clessidra che le donava una linea slanciata ma anche curve da capogiro; ma chiunque avrebbe risposto per il suo sorriso spontaneo e i suoi modi moderati ma al tempo stesso gentili, capaci di rendere l’interlocutore a suo agio in qualunque situazione. Gaia era bella ma amorevole.
    «Cari ragazzi, oggi vorrei presentarvi una vostra nuova amica: Gaia Fisé. Arriva direttamente dalla Grecia ed è lieta di fare la vostra conoscenza, non è così Gaia?»
    «Ma certo signorina Re.»
    «Benissimo. Questa è la classe in cui passerai il resto delle mattinate, spero che ti troverai bene. Bene, ora vai a sederti, a fianco di Giulia, la ragazza vicino alla finestra, puoi trovare un posto libero.»
    «Come vuole, signorina Re.»
    Libera di girovagare, noncurante dei passanti la ragazza prima si passò le mani tra le sue cascate di riccioli neri ridendo trasognata e poi iniziò a slacciare i bottoni che aprivano il decolleté della maglietta bianca che indossava. Insoddisfatta della lentezza del gesto, li strappò via e tirò con forza le estremità di seta dorata di questo inspirando ed espirando sempre più rumorosamente; sempre con la risata di gioia. Non indossava il reggiseno. Finalmente libera, si tolse prima di tutto le scarpe, poi i fantasmini bianchi e infine i jeans; rimase in mutandine e maglietta bianche. Ridendo, scansò la gente che si era radunata a fissarla e corse come nessuno aveva mai visto un essere umano correre sul cemento stradale sotto a un sole di quaranta gradi come minimo.
    «E quindi se Medea era una strega sapeva usare la magia»
    «Tesoro mio caro, poteva anche solamente usare il suo intelletto, non credi?»
    «Ma questo testo dice che con la magia ha ingannato le figlie di Pelia! È nel testo da analizzare!»
    «Come vuoi tu, dopotutto è finzione. Ciononostante, cosa ne pensi se fosse stata reale?»
    «Vera? Come te e me?»
    «Sì, diciamo così. Come te.»
    «Secondo me li avrebbe avuti i poteri, eccome! E poi doveva essere una figa di quelle toste!»
    «Certo, quindi tu credi nella magia?»
    «Senti… Dobbiamo continuare ad analizzare il testo, non credi?»
    «Giovanni, guardami negli occhi un momento.»
    «Sì… Ce, certo hai ragione. Ti ho mai detto che hai due occhi stupendi? Non so perché mi ricordano casa!»
    «Bene. Andiamo avanti con l’analisi. E grazie, tesoro.»
    Gaia era corsa in un’aiuola e, colta da un’irresistibile voglia di annusare le rose in essa contenute, quasi si precipitò a inginocchiarsi per portare il naso prominente sopra di esse. Sorrise e spalancata la bocca morsicò il calice di uno dei fiori, ingoiando allora tutti i petali della corolla. Sorrise quando una vecchietta per strada si fermò a contemplarla, una ragazza stupenda con i lunghi capelli ricci tutti spettinati sul viso ambreo, ma poi la vecchietta urlò e cercò di colpirla con la borsetta di pelle di coccodrillo. Gaia allora si alzò, sorrise mentre la donna indietreggiava intimorita. Gaia sorrise e si tolse la maglietta, con i capezzoli al vento, lanciò la maglietta in faccia alla donna. Gaia scomparve nelle strade che davano al mare quando la vecchia, con la maglietta a coprirle la vista, non notò il rombo di una Lamborghini; mentre la ragazza correva eterea, la vecchia moriva con il collo spezzato e il corpo sbalzato contro una macchina parcheggiata di fronte all’incidente voluto.
    «Se credi così tanto nell’amore, Giada cara, allora cos’è per te?»
    «L’amore è ciò che prova Adone per Afrodite quando la vede. Una magia, un colpo di fulmine!»
    «Un colpo di fulmine?»
    «Sì, come quando sono in metro e sto aspettando di arrivare alla fermata. Alzo gli occhi e vedo lui, lui vede me e sorridiamo insieme. Questa per me è magia, non credi?»
    «E non credi ci siano altri tipi di magie al mondo?»
    «Tipo?»
    «Non so Giada. Quando sboccia un fiore? E…»
    «Basta fare salotto! Avete un’analisi da svolgere! Zitte voi due!»
    Gaia sentiva la roccia sotto di sé. Il vento tra i capelli. Le goccioline d’acqua sul viso. Era seduta sul bordo dello scoglio da molto tempo, sapeva che l’avrebbero raggiunta. Gaia non capiva perché si comportassero così. Lei era solare, a differenza degli altri. Lei sorrideva, ma loro l’additavano come fosse una pazza invasata qualsiasi. Aveva portato una ventata di aria fresca nelle vite di quei ragazzi, aveva chiesto loro di non credere nella magia, nella tecnologia e in ogni altra cosa; forse così si sarebbero accorti del male che stavano facendo alla Terra! Forse avrebbero capito che non potevano andare contro natura distruggendo interi animali per le loro pelli, o modificare tanto drasticamente una pianta o il paesaggio. Forse avrebbero capito o forse no, Gaia non lo sapeva.
    «Stia calma, si alzi e tenga le mani a posto! È circondata, non riuscirà a scappare.»
    Gaia lentamente eseguì gli ordini e rimase atterrita: le loro guardie l’avevano trovata e le ordinavano di stare ferma mentre la catturavano. Gaia allora sorrise e li osservò: poteva benissimo sentire i grilletti pronti a sparare.
    «Non faccia pazzie!»
    Gaia si tolse le mutandine, le lanciò in faccia all’uomo davanti a lei, avvicinatolesi per arrestarla. Sorridendo sorniona, lo schiaffeggiò con vigore e corse più velocemente di quanto si sarebbero mai aspettati verso il mare aperto e quindi vi si buttò. Dove lei fu martoriata dai colpi di pistola, uscì solo sabbia, e sabbia si rivelò quando toccò la superficie marina: ora le onde la stavano spandendo, un poco contro le coste un poco verso il fondale un poco verso il mare aperto.
    La Terra aveva vinto di nuovo, ma i suoi figli avevano perso.
     
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