Il blog di Tony

Posts written by Tony!

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    Mi puoi votare ^^
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    Il gatto nero e altri racconti del mistero e dell'immaginazione è una raccolta di racconti di Edgar Allan Poe, parte della collana I primi maestri del fantastico uscita in edicola.

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    Contenuti:
    La raccolta contiene alcuni dei più famosi racconti scritti da Edgar Allan Poe, tradotti da differenti persone; questo dettaglio mi dà l'idea che sia più un contenitore di racconti piuttosto di un'opera studiata da un'unica persona.
    I racconti più importanti sono all'inizio, mentre nella parte centrale sono presenti quelli meno impattanti o originali; fortunatamente, almeno l'ultimo racconto risolleva l'attenzione dello spettatore prima della lettura dell'unica poesia presente nel volume: Il Corvo.

    Commento:
    Su 25 racconti, solo la metà scarsa l'ho trovata indimenticabile; il resto era noioso ed era caratterizzato da uno stile oratorio comune a molti racconti che li faceva sembrare tanti racconti dello stesso identico personaggio.

    Il gatto nero, Il pozzo e il pendolo, La mascherata della Morte Rossa, La sepoltura prematura, Re peste, Il sistema del dottor Tarr e del professor Fether.
    Sono questi i racconti migliori e molti di questi sono conosciuti a livello generale, sia come ispirazione di soggetti per libri o film, sia come leggende metropolitane.

    Gli altri invece sono noiosi, caratterizzati da un narratore onnisciente arrogante e noioso, inutilmente dotto che però non ambienta nel dettaglio le vicende narrate: i racconti dettagli dotti a parte potrebbero essere ambientati ovunque!

    Io personalmente consiglio la lettura del volume perché Edgar Allan Poe è un celebre autore, ma non sono rimasto particolarmente soddisfatto dalla raccolta in quanto tale.
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    In un inverno freddo e innevato molto indietro nel tempo, una ragazza dalle guance tutte rosse e il nasino gelato si era persa di notte nelle grandi foreste di pini e abeti bianchi a nord della sua città, Letitia, e temendo di morire assiderata cercava di riscaldarsi stringendosi sulle spalle la sua mantella scarlatta. La neve però continuava a scendere e già le arrivava fino al calcagno, minacciando di superare lo stivale in pelle di alce e bagnare le calde calze verdi e arancioni: se non avesse trovato un riparo in fretta, non avrebbe di certo superato la nottata! Almeno la dolce luna le indicava il cammino, illuminando il soffice pavimento bianco su cui lei poteva così posare al sicuro i piedi, almeno quando i sinistri e scheletrici pilastri neri non la oscuravano. Infreddolita, con gli occhi arrossati e il naso sempre gocciolante, alla bella Anna dalle trecce ramate quasi non parve vero quando in lontananza vide il rossore del fuoco crepitante dentro a una grande casa nel mezzo della foresta.
    Anna corse a bussare entusiasta, con i suoi lunghi respiri intervallati da grandi nubi. Quando vide un’arzilla vecchietta aprirle la porta, Anna non poté non sorridere di lieto sollievo e la ringraziò quando la donna la invitò a restare per la notte, proprio quando ormai i lupi in lontananza stavano iniziando a farsi sentire.
    La casa era molto accogliente ma al tempo stesso soffocante, con grandi tappeti e tendaggi pesanti che risparmiavano dal freddo che permeava l’ambiente esterno ma che davano quasi un’idea di claustrofobia. Grande e scura, a illuminare l’ambiente del salotto c’era solo un camino acceso dall’altra parte della stanza nel quale un bel fuocherello crepitava donando il suo calore alla povera Anna che con le sue guance tutte rosse e il pallore della pelle sembrava più morta che viva. In centro al salotto c’erano un tavolino e alcune dure sedie attorno ad esso; su di una sedia si sedette l’anziana signora e sull’altra si sedette la ragazza sotto cortese richiesta dell’ospite.
    Quando Anna si fu seduta, l’arzilla vecchina agilmente si rialzò e le tolse gentilmente la mantellina rossa; quindi la appese sull’appendiabiti ricavati da un bel palco di corna posto a fianco della porta, dietro alla ragazza. Soddisfatta, si sedette e sorrise alla ospite.
    «Ma dimmi, cosa ci fa una così deliziosa ragazza tutta sola nella foresta?», chiese gentilmente la vecchia.
    Anna scosse la testa ritraendosi contro lo schienale della sedia, si portò le mani a coprirsi il viso e pianse.
    «Su, non piangere cara. Se non te la senti, ne parleremo più tardi…»
    «No, tranquilla, sto bene. È che… Tre giorni fa era penetrato nella foresta il mio promesso sposo per cercare legna da ardere, ma non è più tornato. Sa, ho questa sensazione: penso gli sia capitato qualcosa!»
    L’anziana signora le si avvicinò e strinse le proprie grinzose mani attorno a quelle morbide e giovani di Anna, sussurrandole «Tranquilla, sono sicura che il tuo promesso sposo ha solo avuto un contrattempo. Facciamo così, rimani qui almeno per cena in attesa che la nevicata finisca e poi potrai decidere se restare per la notte o tornare a casa tua. So esattamente in che direzione è Letitia, non manca tanto!»; quindi, la vecchia si alzò e si diresse in una sala attigua al salotto, finora invisibile a causa della porta chiusa nella penombra della casa e vi stette per lunghi minuti. Anna sbatté le palpebre pesanti: come aveva fatto a non notarla? Era pure delimitata da due grandi vasi, dai quali usciva una qualche fragranza odorosa molto forte; lavanda forse. Un buon profumo che rasserenava la situazione. Quando tornò dalla giovane, la vecchia sorrideva con un gran sorriso reso minaccioso dalla luce del fuoco, luce che accentuava ogni singola ruga e il lungo naso adunco. «Bene, ho acceso il fuoco, tra poco metterò il pentolone sul fuoco per la cena. Resti per cena, presumo: la neve scende ancora. Nel frattempo, vuoi che ti racconti una fiaba?»
    Anna alla domanda della donna si sorprese, ma pensando di non avere nient’altro di meglio da fare acconsentì. Quindi cominciò a giocherellare con le trecce mentre ascoltava la narratrice.
    «Tanto tempo fa, in una casupola di contadini viveva il piccolo Nanni con i suoi fratelli e sorelle e i genitori. Nanni era un discolo, un bambino capriccioso e viziato che non ascoltava mai nessuno, combinava solo marachelle e non passava un giorno che non li facesse dannare. Un giorno la mamma era così disperata che invocò l’Uomo Nero, un oscuro figuro nero dalla cima dei capelli fino alle dita dei piedi; perfino i bulbi oculari e i denti e la lingua erano tutti neri. Lo presentò al figlio e gli disse che se non si fosse comportato bene almeno fino a Natale, l’Uomo Nero se lo sarebbe preso e portato via per sempre; Nanni pianse per molte ore quando quel terribile figuro lo guardò leccandosi le labbra perché una sola cosa non era nera dell’Uomo Nero: il sangue fresco che gli colava dalla bocca! Così Nanni fece il bravo bambino e ubbidì ai genitori per molti mesi, ma ai primi fiocchi di neve le cattive abitudini tornarono a governarlo. Non voleva più aiutare la mamma a pulire la casa o il babbo con le mucche; voleva solo giocare con le sorelline e i fratellini, molte volte rompendo i vasi e liberando le galline dal pollaio. Fu due giorni prima di Natale, nella notte, che l’Uomo Nero mantenne la sua promessa: furtivo entrò nella cameretta del bambino, lo chiuse in un grande sacco e se lo portò dentro al proprio castello nel cuore della foresta più fitta e spaventosa. Lì con due enormi aghi gli cavò gli occhi, con una lunga pinza gli strappò la lingua e con un tagliente coltello da macello gli tagliò via dal corpo tutta la carne; tutto ciò accadde mentre Nanni era ancora vivo, almeno all’inizio ovviamente. Così, poi, l’Uomo Nero poté banchettare con le carni del discolo la sera di Natale e poté addobbare il proprio Albero natalizio con il teschio e le ossicine, mentre la calma e l’amore regnava nella famiglia del discolo Nanni, che per magia lo aveva dimenticato. Fine.»
    Mentre l’anziana donna concluso il racconto era scoppiata in una sonora risata, la giovane Anna la guardò mortificata; sapeva benissimo che le fiabe avevano una morale e servivano a insegnare ai bambini di comportarsi bene, ma quella era terribile! Quindi per cortesia sorrise brevemente all’anziana ospite e per non pensarci si alzò e si avvicinò al fuoco, per guardarlo crepitare e riscaldarsi bene.
    «Senti…», le fece la vecchia mentre si alzava e si dirigeva in cucina, «Ora il fuoco sarà pronto, ci metto sopra il pentolone per far bollire l’acqua. Perché quando torno non mi canti una bella canzone natalizia? Ormai mancano pochi giorni a Natale e visto che nevica ancora potresti allietarci gli spiriti. Che ne dici?»
    Anna non ebbe il tempo di rispondere, perché la sua ospite era già sparita dietro alla porta della cucina prontamente richiusa. Invece, curiosò sul ripiano sopra al camino e notò una serie di piccoli oggettini di vario valore: qualche ossicino levigato, uno o due anelli, un coltello da caccia e alcuni borselli in cuoio. Ne stava per aprire uno quando la donna tornò e le chiese di cantare; lei allora si sistemò il vestito di lana verde e scelse una bella canzone che parlava di due innamorati separati:



    «Dove vai, dove vai?
    Neanche tu ciò lo sai
    Dove vai, dove vai,
    io ti aspetterò qui per sempre!
    Natale è alle porte, i regali sono fatti.
    Natale è alle porte, le vivande sono pronte.
    Manchi solo tu, manchi solo tu,
    Dove sei? Perché non qui con me!
    Dove vai, dove vai?
    Neanche tu ciò lo sai
    Dove vai, dove vai,
    io ti aspetterò qui per sempre!
    La neve scende già, Natale si farà
    Ma che dico mai, senza di te non lo è.
    Manchi solo tu, manchi solo tu.
    Dove sei? Perché non qui con me!
    Dove vai, dove vai?
    Neanche tu ciò lo sai
    Dove vai, dove vai,
    io ti aspetterò qui per sempre!
    Io ti manco sì lo so, ma non sei qui però!
    Tu mi manchi questo sì, ma perché non sei qui!
    Un Natale, senza di te, io ti penso,
    Arriva presto per me!
    Natale è alle porte, i regali sono fatti.
    Natale è alle porte, le vivande sono pronte.
    Manchi solo tu, manchi solo tu:
    Natale per me sei solo tu!»



    Anna aveva cantato dolcemente, con una voce celestiale, perché pensava al suo Alfredo smarrito da giorni nelle foreste e di cui non aveva più sentito notizie. Quando l’anziana donna proruppe in un plauso per l’esibizione, la ragazza prese le balze che contornavano il lembo con il quale il vestito verde finiva e si protrasse in un inchino soddisfatto ma malinconico: le si era nuovamente dipinto il sorriso sul bel volto, anche se gli occhi erano tornati lucidi. Quindi tornò a sedersi e respirò lentamente, per quietarsi.
    «Hai una voce stupenda, devi essere molto dolce!», le fece la vecchia offrendole una tazza di tè, che si era portata dalla cucina.
    Anna arrossì, bevendo a piccoli sorsi la calda bevanda. «Dovrebbe sentire mia sorella, lei canta nel coro di Letitia. Sembra un angelo! Quindi… Manca molto alla cena? Inizio ad avere un leggero appetito.»
    L’anziana sorrise e ribatté che mancava pochissimo, ma che nel frattempo le serviva una mano per portare cinque casse molto pesanti dalla cantina al salotto; «La cantina si trova dopo una scala dalla mia camera da letto. Lo so, chi ha progettato questa casa non doveva essere un gran architetto!», aggiunse ridendo. Anna accettò timidamente e le due scesero a prenderle; ci misero un po’, soprattutto perché le cinque casse erano effettivamente molto pesanti perfino per Anna, una fanciulla nel fiore degli anni. Ma riuscirono a portarle in salotto, dove le voleva la vecchia.
    Anna dunque soddisfatta del lavoro si sedette, evidentemente affaticata mentre l’arzilla vecchietta sorrideva sempre più arzilla.
    «Wow!», mormorò Anna sentendosi la fronte come per capire se avesse la febbre, «Sono proprio stanca… Mi sta venendo una stanchezza, un sonno, incredibile. Devono essere le casse. Lei, lei non è stanca signora?»
    L’anziana donna le si avvicinò e si sedette sulla sedia accanto a quella della ragazza. La stava osservando.
    Anna non capiva, quindi si ripeté: «Lei non è stanca, signora? Forse ho la febbre, o forse sono solo stanca, tutto questo calore dopo il gelo della foresta. No?»
    La donna ora aveva uno sguardo mortificato, rabbioso, severo. Lentamente si alzò incurvandosi minacciosa verso Anna e le tirò uno schiaffo in pieno volto: «Piccola ingrata. Ti ho salvata, ti ho aperto la porta di casa mia, ti ho riscaldata e perfino intrattenuta. E tu non mi hai nemmeno mai chiesto come mi chiamassi. Una piccola serpe, come tutti gli altri. Una maiala, una scrofa. E da scrofa sarai trattata: bollita nel mio pentolone!»
    Anna, che all’inizio non capiva, dal terrore raccolse tutte le forze e spinse via la donna facendola sbattere contro il tavolino. Prontamente si avventò verso la porta principale della casa dalla quale era entrata ma la scoprì chiusa a chiave (quando era stata chiusa?) e vedendo minacciosa la sconosciuta che le si avvicinava, barcollando si diresse verso la cucina. Sempre più stanca e tremante.
    Non lo avesse mai fatto.
    Quella cucina era il luogo degli orrori della casa! Appese alle pareti su ganci da macellaio stavano gambe umane secche e rigide, sulle mensole lungo il muro a destra si trovavano numerosi strumenti di tortura e cucina intrisi di sangue essiccato, le tendine delle finestre erano in pelle umana mentre sul tavolo c’era un cadavere con le interiora esposte e i polmoni rimossi e il viso scorticato! «Alfredo, no!», urlò Anna riconoscendo i capelli corvini e ricci e la pelle olivastra del proprio promesso sposo. Isterica, si voltò alla propria sinistra e indietreggiò urlando: l’ultima cosa che vide prima di perdere i sensi fu l’enorme calderone al centro della sala nel quale l’acqua ribolliva minacciando di bagnare l’immenso falò ai piedi di esso; la strega la raggiunse e le sussurrò «Fossi in te morrei ora nel sonno, dicono non sia piacevole essere bolliti vivi!» per poi scoppiare a ridere crudelmente.
    Così, a Letitia la giornata di Natale non fu segnata dalle risa gioiose dei bambini che pattinavano sul lago ghiacciato o dai deliziosi profumi uscenti dai salotti addobbati a festa per il cenone in famiglia. No, altre due persone erano scomparse nel fitto bosco e un velo di terrore e malfidenza era calato sulla cittadina. Solo nel bosco innevato sinistre risate risuonavano, mentre un’arzilla vecchina si preparava il proprio Presepe personale, unico nel suo genere: una moltitudine di bambole, bambolotti e bamboline a cui erano stati cuciti i visi strappati ai cadaveri degli sciagurati che erano andati a farle visita; e quell’anno finalmente l’arzilla vecchina aveva pure trovato la Maria perfetta!
    Buon Natale, amici miei, state solo attenti alle foreste e alle vecchine ospitali o loro staranno attente a voi! Buon Natale e felice anno nuovo!



    Il racconto è stato scritto per il Contest di Natale del forum Horror da Paura. Mi sono ispirato alle fiabe dei fratelli Grimm, creando una storia che prendesse nella narrazione elementi chiave di Natale come il Presepe e l'Albero di Natale!
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    L'universo, gli dèi, gli uomini: Il racconto del mito è un libro a cura di Jean-Pierre Vernant e tradotto in italiano da Irene Babboni, pubblicato nel 1999. Si tratta di un saggio che riassume e analizza i principali miti greci riguardanti la genesi divina e tre figure della letteratura mitologica.

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    Contenuto:
    L'universo, gli dèi, gli uomini: Il racconto del mito contiene al suo interno sei grandi capitoli più la premessa iniziale. La parte più interessante è sicuramente la genesi degli Olimpici, perché spiega tutta la loro storia nel dettaglio e il segnificato antropologico dietro alla loro storia.

    Commento:
    Leggere L'universo, gli dèi, gli uomini: Il racconto del mito è stata un'esperienza veramente interessante per un appassionato di mitologia classica qual io sono perché non solo con una narrazione semplice e chiara riassume gli avvenimenti più importanti di questi dei e semidei, ma aggiunge anche il significato antropologico e filosofico dietro alla sua natura. Spiega perfettamente le caratteristiche di ogni dio, cosa esso comporta e quali progenie un tal dio può creare.
    Fino ad ora, la genesi degli dei e le azioni di Gaia mi sono sempre state molto nebulose: perché una madre dovrebbe volere spingere i figli contro il loro padre? Perché avverte i figli di uccidere i nipoti ma poi ambiguamente fornisce l'arma con cui difendersi ai nipoti stessi? Questo libro mi ha fornito le risposte che cercavo.

    Consiglio la lettura del libro soprattutto agli appassionati e a coloro che hanno già una conoscenza base abbastanza ampia per intuire meglio i passaggi: il libro riassume bene, ma riassume e preferisce spiegare i seìignificati piuttosto che i dettagli dei miti. Ciononostante, il riassunto dell'Odissea è veramente chiaro e ora credo che alcuni punti dell'opera omerica non li avessi nemmeno studiati al liceo; quantomeno, ora posso collegare ogni singola tappa del viaggio di Ulisse.

    Per concludere, vi elenco gli argomenti trattati, in ordine:
    -l'origine dell'universo;
    -la guerra degli dei, la sovranità di Zeus;
    -il mondo degli umani;
    -la guerra di Troia;
    -Ulisse o l'avventura umana;
    -Dioniso a Tebe;
    -Edipo fuori luogo;
    -Perseo, la morte, l'immagine.
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    Dopo alcuni anni, mi sono visto costretto da me e dai miei comportamenti a disinstallare il videogioco dal telefono: troppa frustrazione e un gioco che non aiuta ma sa solo fidelizzare.

    Lo schema su cui si basa non aiuta il giocatore ma lo pone ogni volta davanti a un muro che solo dopo ulteriore tempo a migliorare la squadra è valicabile; quindi ciò si tramuta in ripetute sconfitte e in team di gioco non basati sui propri eroi preferiti ma invece sulle strategie da applicare e copiare per vincere.

    Io invece ricerco un videogioco che premi il videogiocatore che spende molto tempo su di esso con livelli ormai resi facili dall'esperienza o almeno fasce di difficoltà con le quali plasmare l'esperienza di gioco. Qualcosa con cui sbollire e non accumulare ulteriore stress.
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    FIABE è una raccolta di fiabe raccolte dai fratelli Grimm con l'introduzione a cura di Luciana Marinangeli e la traduzione di Elena Franchetti. Il volume di mille pagine presenta l'introduzione della Marinangeli, un accenno biografico da parte del figlio di Wilhelm sui due autori e poi le fiabe raccolte in tre grandi sezioni: Fiabe per i bambini e per la casa; Leggende per i bambini; Fiabe espunte.

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    Commento:
    Leggere Fiabe è stata un'esperienza veramente istruttiva e capace di trasportarmi nel mondo delle storie trasmesse a tradizione orale: ho letto decine di racconti, alcuni di una sola pagina, altri anche di una ventina; tutti o quasi però insegnano qualcosa ai bambini e rendono più quieto l'adulto perché dimostrano pur non finendo sempre bene che qualcosa ci protegge sempre e veglia su di noi e che al male spesso c'è soluzione. Sono rincuoranti.
    Fiabe tuttavia spesso si è dimostrato figlio dei suoi tempi, avendo tematiche che ora sarebbe problematico trasmettere ai nostri figli:
    -divisione delle razze e razzismo puro (es: Fiaba del gatto e del topo);
    -antisemitismo (es: L'ebreo nel roveto);
    -xenofobia;
    -classismo feudale (es: I diseguali figli di Eva).
    Ciononostante, Fiabe sono anche un importante materiale da tramandare anche perché pur essendo storie raccolte da più fonti è possibile riconoscere alcune tematiche ricorrenti:
    -la principessa che deve combattere per ripristinare il proprio ruolo di amata molte volte barattando vestiti stupendi con una notte in intimità con l'amato che l'ha dimenticata;
    -l'uomo tutto nero o tutto bianco servizievole;
    -la madre o la matrigna strega;
    -i fratelli legati indissolubilmente;
    Inoltre, ho notato che alcune volte le fiabe sono legate quasi a formare una saga o un universo che raccoglie tutte le storie (es: Rico Pigro e Lisa la secca).

    Fiabe quindi è una bella raccolta di racconti e tradizioni in cui il lato religioso è molto importante: se Dio e San Pietro spesso sono i protagonisti dei racconti, in Leggende per i bambini sono raccolti tutti i racconti che spingono il lettore a cercare la pace eterna finendo spesso con la morte del protagonista e la sua glorificazione religiosa.
    Io la consiglio, ma è troppo ricca e le storie si ripetono prima o poi. Ma sicuramente a livello letterario è stimolante!
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    Natale è quasi giunto, e Pokémon Dark ha usato i Pokémon invernali per dire chi sono!

    christmas2
    Austin Dove ÆÐ sei Wyrdeer! Hai un carattere riflessivo e riservato. Durante le feste in famiglia la tua attività preferita sono certamente i giochi di carte. Sei spesso fortunato anche a tombola! Conosci a memoria i film natalizi che ogni anno adori vedere in compagnia e non c'è nulla che ti mette più allegria delle luci colorate con cui addobbi il tuo albero di Natale!

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    Fratelli brutti, finalmente mi sono sfogato. Dopo una vita di umiliazioni e vessazioni, quest’anno non mi sono rintanato al sicuro nella mia stanzetta a piangere solo come un cane ma ho abbracciato il fucile e mi sono unito ai mascherati per compiere la mia vendetta contro questa società basata solamente su bellezza e stupidità. Al suono della sirena, ho indossato la maschera di lupo e sono sceso così com’ero in tuta: la notte urlava la mia rabbia con un vento da far accapponare la pelle ma mi sentivo un leone, una belva feroce. Cazzo sì, il sangue mi ribolliva nelle vene e in faccia! Sapevo che avrei danzato sul cadavere del chaddino che in quel momento si stava SICURAMENTE sbattendo la mia one itis. Per tutta la vita sono stato respinto per i miei occhi troppo distanti e piccoli, marroni ovviamente, la mia impietosa stempiatura già a 20 fottuti anni e ovviamente il mio essere retruso. Perfino la mia angelica one itis con i suoi occhi verdi e i lunghi capelli neri non si è dimostrata altro che una NP e quindi mi ha respinto scoppiando a ridere; a ridere di me! No, non starò nella mia stanzetta, mentre sento i miei genitori guardare la televisione con mio papà vessato da mamma (sia mai che quella chieda il divorzio, sappiamo tutti che papà resterebbe senza niente!) in salotto e mio fratello, lui con la sua jawline perfetta, a fottersi la sua CM. No, oggi esigo vendetta! Ora vi saluto, amici brutti. Vado a celebrare la mia vendetta su quel cane di stronzo! Domani vi faccio sapere com’è andata, ovviamente se non mi sparano stanotte.

    Fratelli brutti, dovreste anche voi scendere a uccidere qualche NP o qualche chaddino del cazzo il prossimo anno: mi sento rinato, potente come non mi sono mai sentito! Cazzo, dovevate sentire come mi supplicava quella testa di cazzo, con quel suo sguardo perfetto deformato dal terrore e quel suo corpo anche quello perfetto con tutti quei muscoli distrutto da un colpo di fucile. Dal MIO colpo di fucile! Non mi sono mai sentito così potente, cazzo! Mi supplicava di aver salva la vita, quando era ancora nel letto di Caterina; Caterina! Quella lurida mi supplicava di lasciarlo in pace, di non fargli niente. Ma lui, LUI!, non si era mica tirato indietro quando al liceo mi bullizzava dicendo che ero grasso, che nessuno mi voleva, che nessuna me l’avrebbe mai data gratis. Quando mi rinchiudeva assieme ai suoi amici del cazzo nel bagno dei disabili e mi dicevano ridendo che quello era il mio posto. E quando nel bagno a fianco si fotteva una NP in modo che li potessi sentire gemere e ansimare. Lurido cane, chaddino del cazzo. Ma ora non potrà mai più farmi nulla, quello stronzo giace senza testa in mezzo al parchetto in cui spacciava droga; fanculo testa di cazzo: tu sei morto e io ora vado a farmi una doccia.
    Se ripenso ora agli scrupoli che mi facevo prima di abbracciare questa notte magica in cui tutte le restrizioni legate alla bellezza vengono scardinate, le stesse che hanno creato questo assurdo governo nazi-femminista, mi viene da ridere. Questa notte è il nostro sfogo, si fottano quelli che dicono che sono in verità i ricchi i veri beneficiari dello sfogo perché così hanno una scusa per ammazzare i poveri, chi se ne frega. Questa è la NOSTRA notte e niente cambierà ciò! È la notte in cui potremo sforgarci, in cui una volta riuniti in branchi uccidere quegli stronzi di alpha che nella vita ci hanno sempre portato via tutto! Ribadisco, ragazzi: prossimo anno, segnatevi chi volete ammazzare (bulli, troie, parenti di merda) e al suono di quella sirena finalmente potrete vendicarvi! Ciao, io vi saluto. Fatemi sapere se siete sopravvissuti anche voi e se farete come me!



    Questo racconto nasce in risposta al contest del forum Horror da Paura dello sfogo, a cui non ho partecipato ma che ho usato come stimolo per un nuovo racconto. Qui utilizzo le tematiche e la terminologia della comunità incel per scrivere il post di un utente di questi forum che racconta la sua partecipazione alla Notte del Giudizio, dalla saga di The Purge.
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    Austin Kryon viveva in una grande villa ereditata dai suoi genitori e ci viveva da solo, da quando i suoi erano morti in un incidente aereo. Normalmente, vivere da solo in quella grande casa non gli aveva mai pesato particolarmente: senza animali domestici e nemmeno conviventi, passava la maggior parte del tempo fuori casa; soprattutto in università, dove studiava per diventare avvocato, o al GayVillage dove aveva incontrato Harry.
    Se Austin era una persona di ottima famiglia, abituato a sentirsi riverito e di non soffrire mai di alcun problema economico (aveva pure avuto la fortuna di vivere a pochi minuti dal campus di Yale), Harry invece era un barista. Harry era così: bello, sfuggente ma anche incredibilmente affettuoso e accondiscendente; quando Austin gli era saltato addosso fuori dal locale, Harry si era premurato invece che tornasse a casa e si mettesse a letto, ovviamente mettendogli lui stesso il pigiama dopo essersi fatti insieme un bagno nella grande vasca di casa Kryon. Harry era dolce e premuroso.
    Austin quindi non aveva problemi a vivere nella grande casa, ma ultimamente la solitudine si era fatta sentire prepotentemente: con il virus in circolazione, il college era stato chiuso, così come i bar e gli altri luoghi di ritrovo. Austin si era ritrovato improvvisamente solo.
    Austin non amava stare solo.
    L’unica persona che poteva andare a trovarlo durante la quarantena era il suo fidanzato, sempre premuroso.
    Le malelingue affermavano si dedicasse ad assicurarsi di mantenere buoni i rapporti perché il giovane ragazzo era molto bello e accattivante, oltre che schifosamente ricco, e quindi se avesse voluto avrebbe potuto trovare qualcun altro in meno di una giornata; tutti lo volevano: un futuro assicurato non solo per il benessere ma anche per il divertimento e l’affetto che quel biondino era in grado di regalare. Una volta qualcuno lo aveva chiamato ‘Cozza’: una volta trovato il ragazzo che giudicava perfetto, gli rivolgeva così tante attenzioni da quasi soffocarlo! Ma a Harry non importava: arrivava la sera, o il tardo pomeriggio, con una scorta di alcol e cibo in un sacchetto e di altri intrallazzi nell’altro e si piazzava con il compagno sul divano o a letto a passare del tempo insieme.
    Ecco, Austin quella sera era piazzato sul divanetto, quello vicino alla porta principale, quella presso cui Harry sarebbe entrato dopo aver citofonato dal cancello, e lo aspettava seduto a gambe incrociate. I pantaloni in kaki erano stretti, pur allargandosi a zampa d’elefante verso la caviglia, e sentiva l’inguine e le natiche particolarmente stretti e la tensione che lo opprimeva non era solo psicologica ma anche fisica!
    I minuti sembravano ore, mentre la luce entrante dalla finestra diventava sempre più scura, la pittura rossa sul viso e i pettorali glabri del ragazzo iniziava a seccarsi, la pelle sembrava più secca e le sopracciglia iniziavano a fargli male; pitturarsi in quel modo forse non era stata una grande idea.
    Austin era abbastanza nervoso: aveva un’assoluta voglia di incontrare Harry e il suo meraviglioso e larghissimo sorriso. Sorrise tra sé, pensando all’immagine del suo ragazzo disteso dietro di lui mentre insieme guardavano “La maschera della morte 2” sul divano in pelle nera del salone grande davanti allo schermo della Smart TV. Popcorn e TV, e finiti i popcorn qualcos’altro. Sorrise soddisfatto e guardò in direzione della porta, ansioso.
    Finalmente il campanello del cancello trillò e Austin saltando giù dal divanetto quasi non si ruppe il collo. Lo fece entrare, gli aprì la porta e aspettandolo si controllò nel grande specchio in bagno, quello vicino alla hall, per gli ospiti. Soddisfatto, andò a raccogliere la faretra e l’arco appoggiati al divanetto, se li mise addosso, e corse allo stipite della porta aperta: Harry lo stava aspettando per entrare.
    «Dolcetto o scherzetto, mio indiano selvaggio?»
    «Beh, se non mi dai il dolcetto, puoi farmi lo scherzetto! Dai entra che fa freddo! Ti ho aspettato a lungo, troppo!»
    Austin sorrise e lo invitò ad entrare.
    Harry sorrise a sua volta ed entrò, una mano teneva un sacchetto di plastica pieno di salati, mentre nell’altra alcolici e bibite analcoliche. Appoggiatele velocemente nel grande tavolo in legno imbiancato della cucina, tornò da Austin nella hall e lo abbracciò per un lungo istante; per l’ospite di casa sembrò un’eternità, un’eternità che sarebbe finita troppo presto, con la ripartenza del suo amore due giorni dopo la mattina presto.
    «Ciao Austin», sussurrò dolcemente Harry mentre con le labbra sfiorava delicatamente la guancia del ragazzo, «E buon Halloween!»
    «Ciao Harry!», rispose entusiasticamente Austin, abbandonandosi fiducioso alle grandi braccia del fidanzato, «E buon Halloween anche a te, il nostro terzo! Film? È già tutto pronto»
    In risposta Harry sollevò il ragazzo portandoselo in braccio verso il grande divano nero in pelle che entrambi conoscevano molto bene: era facilissimo da lavare, le macchie si notavano a colpo d’occhio. Quindi i due si issarono l’uno appoggiato all’altro e presero il telecomando, lasciato sul mobiletto di vetro temperato a pochi passi dal divano.
    Mentre Austin si crogiolava tra le braccia di Harry e preparava il film, gli chiese se avesse qualcosa sotto a quella tuta e la risata frizzante in risposta fu eloquente. Quindi digitò la password per accedere allo slasher; il canale di streaming “Hearts sucks, cinema never” era sempre molto attento alla protezione dell’infanzia e finalmente arrivarono i titoli di testa.
    Iniziarono a guardare, ma fermarono a breve: mancava qualcosa di importante!
    «Harry… Maaa… E i popcorn?»
    «Mi sa che sono rimasti in cucina. Se ti alzi li vado a prendere!»
    «Ah, mi devo alzare? Sticazzi, guardiamo il film, è la notte di Halloween e potresti beccare un fantasma. Meglio guardare il film!»
    E il film riprese la sua corsa, con i due caldi corpi nel loro abbraccio, all’ombra della luna ormai crescente.


    La maschera della morte 2.
    Il film raccontava la storia della strage di un gruppo di campeggiatori andati a trascorrere un tranquillo weekend sulle Montagne Rocciose, inconsapevoli che sul luogo si aggira un maniaco armato di ascia. La pellicola era la primogenita di una lunga saga, con personaggio di primo piano all’interno di tutti i capitoli il serial killer armato di ascia e con il volto coperto da una pesante maschera di legno e sangue, caratterizzata da un reticolo di sangue essiccato sulle tempie e attorno agli occhi. Sette film erano usciti dagli anni Ottanta in poi, e Austin li aveva visti tutti, ovviamente il ragazzo preferiva il primo, il più originale.
    I titoli di testa mostravano prima una panoramica in campo lunghissimo del posto per poi concentrarsi su una piccola valle ombrosa. In questa piccola valle ombrosa si ergeva una piccola baita di legno, molto vecchia, e dietro ad essa c’era un cimitero a cielo aperto composta da decine di vittime sbudellate e impalate: erano le vittime del Lumberjack, il killer della famosa saga.
    Solo ora compariva il titolo del film, mentre subito dopo la narrazione si spostava a Gardiner, una piccola città del Montana e introduceva il gruppo di sventurati ragazzi.
    «Certo che sono veramente stereotipati!», protestò Harry vigorosamente. Quindi, infastidito, si spostò dal mento la faretra e mosse dal petto l’arco: Austin aveva sì scelto di vestirsi da indiano d’America ma quel costume gli dava un fastidio assurdo, visto che il ragazzo stava guardando la pellicola semi-disteso su di lui! «E Austin, togliti subito l’arco e le frecce, siamo distesi abbracciati, mi fanno male!»
    Austin roteò gli occhi, mise in pausa il film e lo accontentò. «Contento? Ora possiamo continuare la visione del film in santa pace?»
    Harry sorrise e se lo strinse forte e gli disse di sì. Austin allora premette il telecomando e il film riprese la sua corsa.
    Come da tradizione, il gruppetto di campeggiatori era composto da un insieme di personaggi stereotipati e dalla loro stessa natura era stato scontato capire chi sarebbe morto; almeno le morti erano fantasiose e piene di gore.
    Il primo a morire era stato l’unico ragazzo nero della compagnia, che era andato a esplorare il paesaggio prima di cena, per sgranchirsi le gambe dopo il lungo viaggio. Il secondo e il terzo erano la tipica coppietta in calore appartatisi disgraziatamente vicino alla baita del killer ma non abbastanza da poter notare gli orrori che essa nascondeva. Poi in ordine c’era il classico nerd fattone che senza accorgersi era caduto proprio ai piedi del Lumberjack, la biondina troietta decapitata mentre cercava il palestrato per il bagno di mezzanotte nel torrente, il palestrato mentre la cercava invano e infine il migliore amico gay della protagonista, morto precipitando nel burrone con il camper assieme al killer. Solo la ragazza era sopravvissuta, ma visibilmente scioccata e totalmente sola e senza mezzi, ricoperta di sangue, con i lupi che ululavano in lontananza la sua morte per fame o per caccia predatoria.
    A fine film, i due morosi erano indaffarati: Austin gli aveva sfilato la tuta da giraffa dalle e aveva avuto la conferma che sotto Harry non teneva nulla; Harry invece dal canto suo si era limitato a tenere ferme le mani del ragazzo e a baciarlo, mentre con la mente riguardava le orride scene che aveva appena visto.
    «Maaa… Come fai a dire che ti piacciono film come questi? Ogni volta che li guardo con te rimango sempre inorridito! Il modo in cui il killer strappava l’arto sinistro e poi quello destro dal nerd… E dire che all’inizio dovevamo mangiare pure dei popcorn durante la visione! Austin, che schifo!»
    Austin non era invece particolarmente colpito dalla visione, gli piaceva, non era la prima volta che guardava quella pellicola. E le morti di quel film, la loro efferatezza, non erano che un frammento della fantasia e del gore che gli sceneggiatori sarebbero stati in grado di inventarsi nei capitoli successivi.
    Si limitò a dire, con i suoi occhi verdi così maliziosi, «Bene, se proprio non ti è piaciuto guardare quel film, puoi sempre guardare altro!»
    E mentre gli occhi marroni del ragazzo si combinavano assieme alle folte sopracciglia castane in espressioni prima di non comprensione e poi di ilare rassegnazione, Austin lentamente si sedette sul bacino del moroso e lentamente si tolse il gilettino in pelle marrone con una serie di frange, poi lentamente si abbassò gli attillati pantaloni color kaki e sfilatilisi di dosso lentamente si girò, rivelando di indossare solo un jockstrap, per mostrargli ovviamente i lunghi segni rossi, che il ragazzo si era fatto per emulare i tatuaggi tribali delle tribù più antiche.
    «Come hai fatto a segnarti le natiche con un disegno tanto complicato?», fu l’unica cosa che Harry riuscì a dire, mentre la bocca minacciava di riempirsi selvaggiamente di saliva e si sentiva improvvisamente stanco, febbricitante.
    Austin sorrise, rise con la sua risata roca, e si girò a guardare quel barista che tanti drink gli aveva offerto quando si erano conosciuti, sperando di farlo ubriacare. «A scuola ero il migliore al corso di arte, non dimenticarlo. Saprò tenere un pennello e usare uno specchio, no?», gli rispose orgoglioso. Quindi alzò leggermente le natiche e si avvicinò al busto, portando le mani dell’altro sul proprio petto. Fu allora che soddisfatto si distese nuovamente su Harry e lo baciò velocemente sulle labbra. Con tono allegro concluse: «Ora tocca a te decidere cosa fare.»
    Ed Harry fece la sua scelta.

    Quando Harry uscì dalla doccia ancora gocciolante, i lunghi ricci castani gli ricadevano sulle spalle e l’asciugamano bianco stretto in vita era l’unico indumento da lui indossato: a Austin non dava mai fastidio vedere pozze d’acqua per la casa, diceva che la rendeva vissuta e che tanto prima o poi si sarebbero dissolte da sole con il calore; quello che odiava era che il vapore uscisse dal bagno per invadere la grande stanza da letto, per cui Harry ogni volta lasciava la finestra aperta per farlo uscire.
    Eseguì questa routine anche questa volta.
    Harry adorava quel bagno, era enorme, pulito ed straordinariamente ordinato; tutti i mobili erano stati scelti con gusto e classe. Regnava il verde, dal verde smaltato delle grandi piastrelle che componevano il pavimento, alle sfumature metalliche del mosaico alle pareti, ma forse la figura più straordinaria la faceva l’enorme vasca di marmo scuro a tinte smeraldine con i rubinetti dorati. Harry adorava farci lunghi bagni rilassanti, mentre Austin preferiva la doccia del bagno degli ospiti.
    Ma dov’era Austin?
    Nel salone principale non era tornato e non era nemmeno in quello secondario, più piccolo e intimo con quelle deliziose poltroncine rosse e il tavolino cinese sul cui centro si trovava sempre una rosa nera essiccata e riposta in un cubetto d’ambra rosa. Aveva guardato anche in cucina, le borse erano dove le aveva lasciate, Austin non era andato a fare uno spuntino di mezzanotte. Ma se non era né in camera da letto, in nessuna delle camere di quel piano e nemmeno al pian terreno, dove poteva essere?
    Harry allora si diresse in mansarda, dove ad attenderlo ci fu la luce della fiamma di una piccola lanternina a gas, mentre il giovane ereditiere era disteso sul tappeto intento a giocare con qualcosa al portatile, bello comodo sui grandi cuscini che si era preso dal magazzino a fianco della grande finestra a rosone.
    «Ciao Micetto», lo salutò Harry mentre si distendeva al suo fianco, «A che giochi?»
    Senza staccare lo sguardo dal videogioco, solamente fermandosi dal muovere ulteriormente il suo personaggio, tirò un piccolo calcio sul fianco dell’ospite: «Cazzo, Harry! Mettiti un asciugamano sotto che sennò mi lavi tutto! È là, sul sofà. Prendilo e distendilo dove ti vuoi mettere.»
    Harry tirò un sospiro di rassegnazione e lo accontentò. Quindi gli chiese a cosa stesse giocando.
    «Non è nulla, è solo uno stupido videogioco che ho trovato cercando su Google. Sai che mi sto esercitando per la prova di Italiano no? Bene, ho trovato questo piccolo videogioco in un forum horror, credo che questo si chiami… Terrifier, o qualcosa del genere. Certo, non capisco perché profanino la nostra lingua per una cazzatina del genere: non potevano usare una parola italiana?»
    Harry osservò lo schermo. Il videogioco come grafica gli ricordava uno dei titoli della Nintendo, quella ai tempi del Nintendo, anche se era tutto ambientato ad Halloween. «Di che parla?», chiese interessato.

    Austin scrollò le spalle. «La trama è inutile in giochetti simili. I dialoghi pure sono abbastanza scontati, e per essere un prodotto scritto in madrelingua sono abbastanza sicuro contenga degli errori di grammatica. Ma non ne sono sicuro, non sono italiano io, lo studio solo.»
    Non soddisfatto, Harry alzò il braccio e afferrò la folta chioma bronzea del moroso, e la tirò in modo da costringerlo a distogliere lo sguardo dal computer portatile e a guardarlo negli occhi; quindi lo baciò e gli sfiorò il collo; Austin rispose emettendo un suono simile alle fuse, che riusciva a riprodurre grazie a una particolarità delle sue corde vocali, diceva fosse un talento di famiglia, da parte di padre.
    «Micetto, se vuoi domani mattina la pappa, dimmi di cosa parla. Sennò me ne torno a casa.», chiarì con determinata e spiazzante calma. Poi aggiunse vedendo la sua reazione: «Stai tranquillo che lo farò, non mi importa che ci sia il coprifuoco a quest’ora!»
    Al ‘micetto’ non restò altro che parlare, nel frattempo riprese la partita e scansò un morto vivente.
    «Nulla, io sono un ragazzo in un mondo fantastico che vuole partecipare a una sfida in un labirinto, per poi scoprire che chi tocca il premio si trasforma in mostro. Allora deve fermare tutto distruggendo… una grande zucca sottoterra nelle catacombe e scappare dagli zombie.» Austin sorrise soddisfatto, con la luce dello schermo che rendeva smeraldi brillanti i suoi occhi così tanto di natura cangiante. Poi aggiunse che se si voleva si potevano cercare alcuni costumi ma che lo aveva scoperto per caso durante il primo labirinto e quindi aveva lasciato perdere.
    Harry allora lo abbracciò soddisfatto, inumidendo volutamente il tessuto di quel suo orribile pigiama a righe con il proprio corpo ancora bagnato. «Bravo ragazzo, domani avrai il dolcetto!»
    I due rimasero l’uno a giocare e l’altro a guardare per un po’ di tempo, poi Harry asciutto si tolse l’asciugamano dalla vita e si prese la palandrana, sempre posta sul sofà, mentre Austin aperte le finestre quel tanto che serviva per far passare una corrente d’aria lo raggiungeva per fumare prima di andare a dormire.
    Fu allora che un’ombra sgattaiolò dentro al bagno del primo piano dalla finestra lasciata aperta ed entrata nella camera del ragazzo si nascose sotto al letto, ma loro non sentirono nulla, erano troppo impegnati a constatare i danni che il Tivid aveva apportato alle loro vite.

    «Lo studio procede bene, non è quello il problema.», spiegava Austin tra una tirata e l’altra, «Ma mi manca la motivazione. Sai che cosa vuol dire stare ore davanti a uno schermo senza potersi confrontare con gli altri di persona?»
    Harry lo abbracciò, forte, e gli scostò una ciocca bionda dagli occhi per poterlo guardare nelle pupille: «Posso immaginare. Dopotutto, in questo periodo sono moltissimi gli studenti che stanno lasciando il college, il numero è molto alto.»
    «Sul serio?»
    «Sì, c’è stato un forte aumento, quasi del venti per cento. Gli studi riferiscono che i ragazzi non si trovano a loro agio a interfacciarsi per studio con un monitor e che la motivazione cala. Dopotutto, tu ne sei un esempio.»
    Austin scosse la testa, pur nella penombra del lanternino a gas che illuminava la mansarda era visibile in quel viso così fresco e felino una punta di amarezza, di sconfitta. Commosso, Harry gli accarezzò la guancia e lo portò sul proprio grembo, per farlo rilassare; anche se egli stesso aveva le proprie gatte da pelare.
    «E tu, Harry, hai trovato lavoro? Hai una lunga esperienza, hai iniziato a lavorare presto, perché non trovi nulla?»
    Harry sospirò e guardò fuori dalla finestra, il cielo stellato che si stagliava sugli alberi di pini e il recinto di metallo attorno alla proprietà.
    A quel punto nessuno dei due stava più fumando, l’uno era troppo rattristato e l’altro intento a capire come tirare avanti con la sua vita: il Tivid era stato pesante, aveva distrutto qualsiasi loro abitudine e gli aveva stroncato qualsiasi carriera avrebbe potuto provare in quel ramo ormai fermo da mesi. Nessuno dei due fumava più, le sigarette giacevano nelle mani, inutilizzate.
    A una certa, Austin si alzò e sciolse il nodo della palandrana del proprio moroso, rimirò il corpo che aveva imparato a memoria e lo abbracciò forte. Quindi prese il portatile e condusse il moroso a letto, in camera, per fargli provare il videogioco e poi andare a dormire. Era stanco, voleva solo il caldo corpo di Harry su cui addormentarsi.
    «Ma è divertente!»
    Alla fine Harry arrivati in camera si era messo il paio di boxer che Austin gli aveva preparato sul lenzuolo e si era messo sotto le coperte calde, a provare il videogioco Terrifier 2.
    «È veramente divertente! È vero che devo anche trovare dei costumi, li adoro! Il più carino è quello di Freddy Krueger, gli altri si confondono tra di loro. E Ghostface di profilo è veramente inquietante!»
    Il biondino guardava l’altro da disteso sui soffici cuscini foderati di piume di cigno: Harry era proprio preso, era chino sul portatile e un’espressione a dir poco entusiasta seguiva con passione i movimenti del personaggio su schermo, mentre le dita si muovevano frenetiche per andare avanti nei labirinti. Ogni tanto si girava verso Austin e gli diceva cose del tipo «Ma lo sapevi che se dai qualcosa da mangiare al gatto nero quello ti segue?», oppure «Ma dove sta quel cazzo di costume mancante? Ho guardato dappertutto! Cosa? In un cesso? E chi cazzo cercherebbe in un cesso? Che gioco di merda… Che frustrazione!» per poi rimanere sempre colpito dalla grafica, dagli ambienti suggestivi e dal primo labirinto con il suo tappeto rosso e i candelieri fantasmi. Solo una volta lo aveva apertamente criticato, subito dopo un jumpscare perché «non posso concentrarmi sulla ricerca per poi sentire uno stronzo che mi urla addosso dal nulla! E che palle, Cristo!»
    Ma l’esperienza gli era piaciuta.
    Soddisfatto, Harry chiuse il videogioco e il portatile e lo mise sul comodino. Quindi si avvicinò a Austin, lo accolse sotto al proprio braccio destro con fare protettivo e dopo aver spento le luci si addormentò con il ragazzo appoggiato a lui: adorava sentirne il peso sul petto.
    I due avevano superato quell’anno insieme, un anno di privazioni e sofferenza, un anno che aveva confermato lo stato pandemico con più di mille morti solo in quell’estate in America. Ma loro erano sopravvissuti e ora dormivano sereni e felici.
    Così sereni che nessuno dei due sentì sfortunatamente l’orribile ringhio mentre una lunga mano nera artigliata usciva da sotto al letto. Una mano di morte, molto più terrificante di Bloody Jennifer ma molto più reale.
    Erano sopravvissuti al Tivid, ma forse non alla notte. Non così sereni.
    Forse.



    Il racconto nasce come partecipazione al contest di Halloween 2021 del forum Horror da Paura, anche se non è stato particolarmente apprezzato dall'utenza. Per me è stato importante raccontare una coppia gay senza stereotipi pur puntando molto sull'eros, per narrare un argomento che su quel forum non è molto amato.
  10. .
    CITAZIONE (~Dark Suicune @ 2/11/2021, 16:42) 
    Ti avevo già votato ^^

    grazie mille :)
  11. .
    Se non hai votato il mio blog, fallo, si può anche questo mese
    io ovviamente ho già votato pokemon dark, ma non avendo premi il MDgdr non vedo l'utilità di riscattare...
  12. .
    Su Pokémon Dark, ecco i seguenti risultati di personalità:

    G7ZEYBU
    "Austin Dove ÆÐ sei Lycanroc! Hai una personalità solitaria ed impulsiva. Dotato di grande coraggio, i film horror non ti fanno alcuna paura e saresti capace di esplorare senza timori anche una casa infestata dai fantasmi. Preferisci trascorrere la serata di Halloween in solitudine. Sei molto diretto, spesso impaziente e dici sempre quello che pensi senza giri di parole."

    1mQBu67
    "Austin Dove ÆÐ sei Piplup! Hai un carattere esuberante, orgoglioso e intraprendente! Sei un grande sognatore e quando ti metti in testa di far qualcosa ti impegni al massimo per raggiungere il tuo obiettivo. Ti piace metterti in mostra, ma se è necessario sai essere anche altruista. Il tuo unico problema è quello di essere eccessivamente disordinato!"
  13. .
    Ho finito il gioco del forum Horror da Paura e sono stato il primo a trovare tutti i costumi nascosti!

    Austin_0
  14. .
    RIFLESSIONE: LITTLE MIX

    Dopo tutto quello che è successo con le Little Mix e Jesy Nelson sono stato portato a riflettere. Scrivo qui una piccola riflessione perché dopotutto è uno spazio del mio blog, senza che il mio blog effettivo vada troppo spesso fuori tema.

    Io credo che chiunque quando va come cantante solista non voglia essere associato al gruppo, sia per rivendicare le libertà artistiche che tanto ha bramato.

    Ma cos'è successo tra le quattro 'sorelle'?

    Tolto tutto l'argomento stronza, razzista, bugiarda, backfishing e chi ne ha ne metta, cos'è successo ai fan?
    Se guardate su Internet, commenti di odio sono comparsi sotto ai video di entrambe le parti e alla fine nessuna delle due parti (Jesy da una e le LM dall'altra) stanno volando con le visualizzazioni.

    Boh, io sono abbastanza scioccato dalla situazione: amiamo un artista solo quando fa quello che vogliamo? Non possiamo capire che possono essere degli stronzi ma comunque da apprezzare? Non si parla di stupri od omicidi, ma solo di faide.

    E' così triste la nostra vita, da usare i (le) cantanti pop come scusa per seminare odio?
    Io basito.
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    Arma letale 2

    molto carino^^
1025 replies since 16/5/2016
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