Il blog di Tony

Posts written by Tony!

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    CITAZIONE (R.A.F. @ 6/10/2021, 17:49) 
    Penso che sia una storia abbastanza frequente a Hollywood, un posto dove le speranze si sprecano e le passioni si bruciano. Indubbiamente l'autore doveva saperne qualcosa...

    assolutamente
    poi ci sono quelli che riescono a combinare talento e fortuna
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    Qui rido io è un film biografico diretto da Mario Martone del 2021 su Eduardo Scarpetta, un famoso commediografo napoletano della commedia dialettale moderna, interpretato dal bravissimo Toni Servillo.

    locandina



    Trama:
    Qui rido io, dopo una mezz’ora passata a mostrare la vita lavorativa e famigliare dell’attore, pone al centro della narrazione il processo in tribunale che Scarpetta subisce con l’accusa di plagio da parte del poeta e drammaturgo Gabriele D’Annunzio.

    Cast principale:
    Toni Servillo: Eduardo Scarpetta
    Maria Nazionale: Rosa De Filippo
    Cristiana Dell'Anna: Luisa De Filippo
    Alessandro Manna: Eduardo De Filippo
    Marzia Onorato: Titina De Filippo
    Salvatore Battista: Peppino De Filippo
    Roberto Caccioppoli: "Mimì" Scarpetta

    Informazioni tecniche:
    Regia: Mario Martone
    Soggetto: Mario Martone, Ippolita Di Majo
    Sceneggiatura: Mario Martone, Ippolita Di Majo
    Produttori: Nicola Giuliano, Francesca Cima, Carlotta Calori
    Produttori esecutivi: Viola Prestieri, Giorgio Magliulo
    Casa di produzione: Indigo Film, Rai Cinema, Tornasol
    Fotografia: Renato Berta
    Montaggio: Jacopo Quadri
    Scenografia: Giancarlo Muselli, Carlo Rescigno
    Costumi: Ursula Patzak
    Trucco: Alessandro D'Anna
    Durata: 133 min

    Commento:

    Sono rimasto soddisfatto? Lo consiglio?

    Sì, lo consiglio! E’ solo un po’ lunghetto nella seconda parte ma concentrandosi sulle noie giudiziarie e sui figli pronti a spiccare il volo (divergenze familiari) ha dovuto rallentare il ritmo per usare i toni del dramma.

    Qui rido io è un film diviso in due atti. Il primo è più una commedia e il secondo un dramma; la figura centrale è ovviamente questo commediante che ha creato un personaggio teatrale commerciale e popolare capace di riempire i teatri – il Sciosciammocca – e ritendendosi quasi un dio della commedia spadroneggia sia sul palco sia in casa: è un uomo autoritario, padronale ma abbastanza ricco e influente da far vivere nel lusso non solo la propria famiglia ufficiale ma anche quelle delle sue amanti; e i numerosi figli e figliastri.

    Grande spazio nella narrazione è il teatro, luogo in cui non solo ottenere attenzioni e approvazione ma anche simbolo di espressione e libertà, quella libertà che tutti i figli prima o poi ricercano perché soverchiati dall’ombra paterna. Vengono mostrate le commedie, il dietro le quinte, le prove, le ‘iniziazioni’ dei figli al teatro man mano che crescono quasi come se fosse una sorta di tributo che pagano al padre. E’ una performance teatrale la prima scena, quella d’apertura, ed è il verdetto sulla commedia-parodia di Scarpetta (quella che ha fatto arrabbiare D’Annunzio) l’ultima apparsa su schermo.

    Altro tema fondamentale della pellicola è la famiglia. La famiglia di Scarpetta è numerosa, sembra più un clan che una famiglia e questo è dovuto alle indomite capacità amatorie del grande commediante: con svariate amanti ha sfornato un fottio di figli, tutti che vivono nell’agio anche se non sempre riconosciuti. Fin dall’inizio è possibile notare la soggezione che tutti provano nei suoi confronti (forse solo la moglie ne è immune) ma comunque si nota un legame che li unisce, lui si interessa ai figli e alle sue donne e loro di ricambio mostrano interesse; ecco, nella seconda parte questo legame si spezza forse a causa della stanchezza del suo egocentrismo o perché ormai i tempi sono maturi e la pressione paterna. E il film si appesantisce tutto d’un tratto mostrando ancora di più il dramma della situazione.

    Comunque, la narrazione procede a ritmo spedito, le due ore e passa non si fanno sentire troppo. Il film mostra con fierezza la napoletanità del suo protagonista usando scenografie e palazzi sublimi e soprattutto sfoggiando un dialetto napoletano stretto incapibile per chi non è del luogo (per fortuna ci sono i sottotitoli) e che permane per quasi tutta la durata del film. Anche i costumi sono molto curati e particolari. E le musiche, napoletane del tempo, accompagnano l’ambientazione creando una Napoli molto caratterizzata.

    Come approfondimento, vi consiglio il mio articolo su Il cattivo poeta, soprattutto per paragonare le due rappresentazioni di Gabriele D’Annunzio; qui, anche se il Vate secondo me è mostrato in un modo volutamente macchiettistico, è comunque notabile un contrasto tra gli Scarpetta e la corte del poeta, composta da modelli e prostitute belli, silenti ed eterei, come a consacrare la stupenda villa a santuario trascendente.

    Qui vi saluto. Il post è pieno di spoiler perché è un film biografico su una figura storica, non c’è molto con cui sorprendere lo spettatore (sì, all’improvviso Eduardo Scarpetta non viene rapito dagli alieni, tranquilli). Scarpetta inoltre è da ricordare come il padre dei fratelli De Filippo ed è grazie a lui che ora la satira è protetta dalla legge.
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    Evoluzione storica e stilistica della moda, il novecento: dal liberty alla computer-art è un libro curato da Giorgio Marangoni ed edito nel 1987; ciò è importante perché ovviamente la trattazione dei capi di moda si ferma ai primi anni '80 e si fa più oggettiva non potendo criticare obiettivamente la moda contemporanea.

    evoluzione_storica_e_stilistica_della_moda



    Commento:

    Leggere questo libro è stato veramente istruttivo: dopo un'ampia introduzione alle intenzioni del volume (che è la terza parte di una serie sulla storia della moda) e varie introduzioni ai macrocontesti storici e politici del secolo scorso, ci sono solamente pagine su pagine di capi d'abbigliamento e di moda spiegati nei tecnicismi assieme alle date di creazione del vestito e il giornale che fa da fonte.

    Uno dei miei crucci è la mia totale ignoranza in fatto di moda ma questo libro non solo mi ha insegnato a riconoscere i vari stili ma quasi è riuscito a elevarsi a dizionario dell'abito grazie alle esaustive spiegazioni di ogni capo.

    Consiglio questo libro a tutti coloro che amano approfondire i concetti, è un ottimo consultorio per ricerche future e rimarrà stabile nella mia personale libreria da blogger. Voi lo conoscevate? Io l'ho comprato a un mercatino dell'antiquariato, che fortuna!
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    Il blog il 25 Settembre 2021 raggiunge le 20k visualizzazioni^^
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    CITAZIONE (Keep Calm & Drink Coffee @ 19/9/2021, 16:55) 
    Tu sei una sorpresa continua!

    Cosa ti ha sorpresa?
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    CITAZIONE (R.A.F. @ 16/9/2021, 13:21) 
    Molto molto carino, ben scritto e simpatica la personificazione degli animali. Bravo! (Sono Raffa di Nonsolocinema)

    Grazie mille^^
    Ho unito il franchise dei pokemon alle favole di Esopo
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    Cruel as the grave è un libro scritto da Sharon Penman e pubblicato nel 1998, l'ho letto in madrelingua. Di genere giallo, è ambientato in un ambiente storico e con poco meno di 250 si fa leggere molto bene!

    cruel_as_the_grave_sharon_penman



    Trama
    è un libro storico ambientato ai tempi della regina Eleonora, occupata a tenere lontano il trono di suo figlio Riccardo Cuor di Leone dalle grinfie del più giovane e invidioso principe Giovanni; di genere giallo, vede il protagonista Justin de Quincy, già protagonista di un altro libro della stessa autrice, questa volta a indagare tra missioni della regina e un delitto passionale.

    Commento:
    Leggere Cruel as the grave in madrelingua è stato molto semplice, l'autrice ha uno stile descrittivo molto scorrevole e le parole che non comprendevo per motivi puramente lessicali le capivo dal contesto.
    La narrazione vede protagonista Justin, il Queensman, e lo mostra in terza persona, con i pensieri spesso incorporati nella descrizione della scena. La storia verte principalmente su tre punti: la relazione con la dama di compagnia Claudine, il tradimento del principe Giovanni (il futuro Senza Terra) e le indagini per l'omicidio della giovane Melangell.
    Difficile annoiarsi leggendo il libro, l'autrice sa dosare benissimo le parti e intrecciare le tre trame in modo tale che nessuna sia più importante della successiva e riuscendo a creare una cornice attorno ai propri personaggi: il world-building seppur molto semplice (l'epoca medievale la si percepisce solo attraverso le loro azioni e convinzioni sociali) è fatto molto bene.
    E' stato interessante leggere le convinzioni e le tradizioni, soprattutto quelle sugli scozzesi.

    Insomma, è un bel libro intrattenente e capace di spingere verso un eventuale sequel, avendo una struttura capace di durare per inifiniti sequel!
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    doom_2016_cover

    Trama:

    La base spaziale su Marte della UAC, azienda scientifica di esplorazione, è stata invasa dopo aver aperto i portali sull’Inferno per colpa della traditrice Olivia Pierce; toccherà al Doom Slayer, essere semidivino rinvenuto recentemente negli scavi all’Inferno e portato alla base marziana prima del disastro, eliminare i demoni e fermare l’invasione prima che i mostri raggiungano la Terra!

    La trama è più complessa di quanto non possa sembrare, anche perché durante la partita è possibile collezionare degli archivi che spiegano il mondo e i personaggi mostrati per cui l’immersione nella narrazione è molto profonda; il videogioco inoltre offre splendide cut-scenes che fanno procedere la trama principale in modo semplice e mai confusionario. Inutile dire che le più fighe sono quelle che presentano i boss!

    Commento generale:

    Giocare a Doom2016 è una scarica di adrenalina continua, riesce a dare al giocatore la sensazione di essere assediato senza sentirsi accerchiato perché egli ha tutte le armi e le potenzialità per farcela. Man mano che si procede con i livelli la difficoltà cresce e le modalità (e le armi) per uccidere i nemici iniziano a differenziarsi sempre di più, regalando un’esperienza di gioco a 360° senza mai annoiarsi o desistere per la troppa difficoltà.

    Personalmente, i miei livelli preferiti sono il primo e il terzo, che spesso ho usato come banchi di prova e allenamento per svegliarmi e prepararmi per i livelli finali più difficili.


    Ambientazioni:

    Doom2016 è ambientato principalmente in due mondi: Marte (superficie marziana e base militare) e Inferno; inutile dire che pur essendo sfondi molto belli, gli ambienti alla fine sono quelli anche se gli sviluppatori sono riusciti a distinguere ogni livello infernale grazie a una grande inventiva.

    Caratterizzato da tinte di colori che variano dal caldissimo al freddo a seconda del livello e della situazione, Doom riesce a mostrare una base in cui una strage è stata compiuta, mentre l’Inferno è una landa desolata senza vegetazione o acqua piena di scheletri, statue inquietanti e pozze di acido.

    A livello visivo, per me su Marte che regna è sicuramente Struttura Argenti distrutta, grazie alle ulteriori devastazioni e il platform suggestivo ma semplice che propone, mentre all’Inferno il livello più bello è sicuramente Necropoli per la sua struttura e la varietà di luoghi che propone.

    A livello generale, il gioco mostra ambienti che sono devastati, sempre ricoperti di sangue ma che riescono a conservare la magnificenza dell’architettura.

    Il mondo creato attorno alla trama:

    Doom2016 non riesce a mostrare la vita degli uomini su Marte distrutta dall’invasione come invece faceva Doom3 ma sceglie invece di fornire al giocatore una serie di piccoli archivi con cui approfondire le informazioni sui luoghi e i personaggi e i mostri che incontri.

    La trama è semplice ma senza buchi, solida e permette di crearsi un’idea sia della scienziata traditrice Olivia Pierce sia sull’enigmatico Samuel Hayden. Capiamo che la tecnologia e il progresso tecnologico sono alla base di tutto e che la sopravvivenza del singolo non sempre è utile ai fini della sopravvivenza della specie; anzi, è proprio su questo concetto che si basa il dilemma del gioco e la costruzione degli eventi!

    Ciò che mi dispiace è che non vedremo mai com’era il mondo ma solo com’è stato ridotto, solo i cadaveri e le pile di carni penzolanti senza ulteriori approfondimenti riguardo a quelle vittime senza volto.


    I mostri:

    I mostri di Doom2016 prendono a piene mani dai tre capitoli precedenti, aggiungendo di nuovo solo il Distruttore e il CyberMancubus; a livello grafico si ispirano maggiormente alle versioni di Doom3, soprattutto per il Pinky e il Hell Knight, entrambi resi più dinamici e aggressivi.

    I demoni infernali in questa versione hanno uno stile di combattimento molto più aggressivo, si muovono molto di più e più velocemente e hanno quasi tutti anche attacchi fisici oltre a lanciare sfere di energia; ciò ovviamente rende lo stile di combattimento molto più frenetico e non permette al giocatore di camperare mitragliando i nemici: raramente in una mappa esiste un punto sicuro.

    I Boss sono 3 e sono tutti aggiornamenti di boss dei capitoli precedenti: il primo è il CyberDemon, poi ci sono gli Hell Guardians del terzo capitolo e infine l’Aracnotron Mastermind della dilogia originale. Per preferenza personale, i Guardiani sono sicuramente i più facili da gestire mentre il più ostico è il CyberDemon.

    Combattimento:


    Come avete potuto capire, lo stile di combattimento è molto diverso dal resto della saga: se prima si assediavano i nemici proteggendosi dietro agli angoli, ora ciò non è possibile ma anzi siamo incentivati a buttarci nella mischia!

    Esistono molte armi dalle diverse funzionalità, molte rune che danno ulteriori bonus e pure i potenziamenti.

    Le rune sono un’aggiunta di questo capitolo e si sbloccano con delle sfide di diversa difficoltà; alcune erano facili o quantomeno fattibili, ma io quelle della corsa a tempo o di sopravvivenza non le ho mai sopportate e anzi le ho annoverate tra i lati fastidiosi del gameplay. Tuttavia, esse non solo aiutano il giocatore ma se esse stesse vengono potenziate possono fare benissimo la differenza!

    Le armi sono molto variegate anche se le mie preferite sono sicuramente la doppietta e il cannone Gauss.

    Ah, un’altra aggiunta di poco conto al combattimento: esiste il doppio salto!

    Quindi il combattimento è veramente adrenalitico, con tutte le aggiunte di Doom2016 si ha una scelta veramente ampia con cui sbudellare i nemici. Tuttavia, a differenza dei capitoli precedenti non si ha l’intera mappa in cui muoversi ma solo un’arena con porte chiuse e solo il platforming per evitare i nemici.

    Gameplay:

    Il gameplay normale, non legato alle battaglie, è molto semplice: trovare le chiavi, aprire le porte, sgattaiolare tra i condotti dell’aria e premere i pulsanti di apertura dei portoni.

    Non ci sono mai veri enigmi ma al massimo bisogna capire i meccanismi di funzionamento delle orde di nemici.

    Una grande pecca di Doom2016, però, è l’esplorazione: uno degli obiettivi del livello è proprio la scoperta dei segreti. E come facciamo a scovarli con serenità se a ogni caduta nel vuoto moriamo ricominciando il livello dall’ultimo salvataggio automatico?? Alcuni punti sono veramente ostici, se la mappa è nuova è più facile morire di morte ambientale che di battaglia e ciò a una certa (soprattutto con la Torre Argent) diventa estremamente frustrante!

    Aggiungiamo il fatto che nella difficoltà maggiore alla prima morte ricominci tutto da capo ed è facile capire che il platforming qui non è gestito benissimo.

    Conclusioni:

    Doom2016 è un titolo da avere per gli appassionati di FPS e accompagna il giocatore fornendo nuovi nemici e meccaniche per ogni nuovo livello che si affronta, regalando quindi un’esperienza graduale e facilmente apprezzabile.

    Le pecche le ho elencate ma non invalidano la struttura grazie a un nuovo sistema di combattimento al passo con i tempi e un reparto musicale e grafico sbalorditivi.

    Un grande gioco da provare e condividere!

    [spoiler_tag]
    doom_2016_hell_knightdoom_2016_inferno
    doom_2016_cacodemon
    doom_2016_mappadoom_2016_Particolare_dellMastermind[/spoiler_tag]
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    Io lo ho saputo troppo tardi
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    CITAZIONE (~Dark Suicune @ 3/9/2021, 21:14) 
    Oh, vero, ti ho appena votato, ma non capisco perché.. Ci sono due classifiche diverse su BF? xD


    una per i forum e una per i blog
    e io ovviamente venendo considerato un forum per la struttura scelta (un blog dovrebbe essere senza sezioni e con i post attigui) sono sempre fuori top200 perke ovviamente non ho le interazioni di un'utenza che entra più volte in una giornata
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    😣 🤐 😪 😭 😭 😭 😭

    cmq sono nella classifica forum quindi puoi votare
    nn sono un blog, per come è strutturato
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    Votami in top
    Questo mese posso 🤪
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    Buongiorno! Oggi torno per la vostra immensa gioia a parlare dello splendido franchise di Doom con il terzo fantastico capitolo della saga! Doom3 si differenzia dai precedenti capitoli grazie a una grafica rivoluzionaria per l’epoca, un’impronta molto più horror e una trama molto più centrale per lo svolgimento della narrazione.

    Doom_3_logo



    Trama:

    Un marine viene inviato su Marte nella base della UAC per controllare gli scavi e contribuire alla sicurezza dei lavoratori, che da tempo lamentano inquietanti avvistamenti e lamenti provenienti dai recessi della struttura; poco dopo il suo arrivo, però, avviene una catastrofe che libera i demoni e gli spiriti dall’Inferno: dovrà combattere per la sua salvezza tra i demoni infernali e gli uomini che sono stati corrotti da tali mostri.

    Commento generale:


    Giocare a Doom3 è stata un’esperienza affascinante, si discosta profondamente dai precedenti capitoli sviluppati in pixel-art e si designa quale reboot della saga. Personalmente, questo è il secondo capitolo che preferisco per le ambientazioni, la trama che sono riusciti a costruire attorno all’invasione demoniaca e gli scontri molto più ansiolitici.

    Ambientazioni:

    Doom3 è principalmente ambientato in una base spaziale su Marte, ipertecnologica, caratterizzata quindi da sfondali metallici, strettissimi corridoi pieni di ombre e angoli e tantissimi monitor e camere di sicurezza. Inoltre, alcuni livelli (due nella campagna principale) sono ambientati in luoghi più o meno infernali, mentre gli ultimi mi hanno ricordato la piramide egizia vista in La Mummia del ’99.

    Con l’invasione, questi ambienti diventano luoghi claustrofobici, devastati sia dalle esplosioni sia dai mostri: cadaveri e resti sparsi ovunque, lamiere saltate come i ponti e alcune infrastrutture, porte più o meno funzionanti e aree non accessibili.

    Ciò che mi è piaciuto particolarmente è che il giocatore è continuamente sotto attacco, con i nemici che arrivano da qualsiasi direzione, sia perché si accorgono della sua presenza sia tramite teletrasporto: dopotutto, è in atto un’invasione! Sullo stesso principio, è normale anche incontrare NPC che poi spariscono dalla narrazione, dopotutto potrebbero continuare a nascondersi o fare fini poco nobili.

    L’ambientazione migliore? Lo scavo archeologico degli ultimi livelli!



    Il mondo creato attorno alla trama:

    Doom3 è riuscito a creare un mondo vissuto nella base prima dell’invasione demoniaca, dettaglio che non era riuscito a ricreare neppure il capitolo successivo, quello del 2016 (di cui vi parlerò in futuro).

    Durante l’avventura è possibile collezionare i tablet dei lavoratori (più o meno trucidati dai mostri nel frattempo) e tramite essi si possono leggere oltre ai codici importanti per la continuazione della trama anche mail e audio personali che fanno sorridere (come quello del capoufficio che sollecitava i dipendenti della UAC a non andare sui siti porno durante le ore di lavoro!). Inoltre, sui tavoli sono notabili bibite, riviste di macchine o di donnine scosciate, appunti di vario genere.

    Se volessimo prendere tutti i documenti di ciascun lavoratore, potremmo veramente ricostruire a grandi linee la sua vita su Marte!



    I mostri:

    Un’altra particolarità di Doom3 sono i suoi mostri: gran parte sono stati presi e riadattati dai capitoli precedenti mentre altri sono stati introdotti da zero in questo.

    I più importanti a livello quantitativo sono senz’altro gli Imp che qui sono anche in grado di balzare addosso allo spettatore graffiandolo, ma ci sono inoltre svariati tipi di soldati posseduti (vari tipi di soldati con differenti tipi di armi in pugno).

    Una grande mancanza è sicuramente il Baron of Hell che viene sostituito da una versione più grossa e arrabbiata del Hell Knight; il Pinky Demon qui è un’oscenità biomeccanica con mascelle enormi mentre sono stati introdotti due mostri dall’attacco simile: i ragni di Satana e i Cherubs, i bambini di Satana.

    Qui i mostri che fanno la figura migliore sono: il Cyberdemon che è un colosso di 30 metri invincibile e l’Arch-Vile, ora in grado non più di resuscitare i nemici ma di evocarli dall’Inferno e non più in grado di bruciare il giocatore ma solo di lanciargli addosso fiammate (cosa che ho preferito).

    I Boss in generale mi hanno leggermente deluso: a parte il primo che è chiaramente ispirato ad Aracne e il secondo che è più strategico, gli altri due li ho trovati solo bersagli su cui scaricare i vari fucili…



    Combattimento:

    Doom3 è il gioco che più di tutti è in grado di fornire al giocatore l’esperienza di un’invasione: all’inizio tutto va bene, poi c’è il botto con l’espansione dell’energia infernale nella base e quindi i mostri iniziano a comparire da ogni dove. Bisogna procedere con cautela, ogni angolo può essere fatale, e con le cuffie ben accese grazie alle quali captare e localizzare i versi dei mostri.

    Credo che i dettagli che più caratterizzano il gioco siano due: la ricarica manuale delle armi e il Cubo delle anime.

    La ricarica manuale delle armi è una meccanica che differenzia questo capitolo sia dai predecessori sia dai sequel: prima e dopo un combattimento importante, bisogna inserire in modo attivo i proiettili nelle rispettive armi, perché il caricatore ha un limite di spazio! Ciò rende lo stile di combattimento molto più strategico e quasi survival perché ciò può portare alla situazione, se non si ricaricano con abitudine le armi, in cui è il gioco in automatico a ricaricare l’arma lasciando il giocatore in balia degli attacchi avversari mentre ricarica l’arma da usare.

    Il Cubo delle anime, invece, è un’arma che viene fornita verso la fine ed è indispensabile per uccidere l’ultimo boss. Di potenza devastante, si ricarica con tot uccisioni di demoni e può uccidere in un colpo solo qualsiasi nemico base! Va da sé che l’importanza di questo oggetto è enorme perché semplifica di molto le orde di nemici proprio quando il gioco si fa più duro!

    Per il resto, le armi da fuoco sono più o meno sempre le stesse dei capitoli precedenti. Per facilitare il gameplay sono usabili anche delle stazioni della vita, mentre certe volte blocca molto gli spostamenti l’introduzione della stamina consumabile.

    Le mie armi preferite? Fucile a pompa e fucile al plasma!



    Conclusioni:

    Doom3 è un gioco che si distanzia profondamente per setting e gameplay dal resto della saga, anche se è chiarissimo che per Doom2016 si siano molto ispirati a questo. Un gioco in cui l’ansia regna sovrana ma che gratifica il giocatore con orde difficili ma gestibili, l’introduzione di un nuovo mostro o meccanica di gioco ad ogni nuovo livello e una trama che racchiude lo sparatutto in chiave più horror che mai.


    A voi è piaciuto? Lo conoscevate? Vi sta piacendo questa saga? Fatemelo sapere e per il resto ciaone burlone e alla prossima!^^
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    Il Cratilo è un dialogo di Platone. In esso è trattato il problema del linguaggio, o meglio, della correttezza dei nomi. Protagonisti del dialogo sono Socrate, Ermogene e Cratilo.
    Personalmente, l'ho particolarmente apprezzato perché narra e riflette sulla genesi dei nomi degli dei, definendo radici e i significati delle parole da cui essi derivano.

    cratilo_di_platone



    Quarta di copertina del mio libro (temi e riassunto):
    Si può attingere col linguaggio all'intima essenza delle cose? Questo è il tema del Cratilo, uno dei dialoghi più brillanti di Platone, denso di spunti e problematiche attuali e dibattuti.
    Ermogene e Cratilo, un discepolo di Eraclito, discutono sulla natura dei nomi: mentre il primo sostiene che siano una semplice convenzione, Cratilo è convinto che corrispondano alla natura delle cose che designano e siano quindi l'unico mezzo per arrivare alla conoscenza delle cose stesse. Socrate, dopo essersi scatenato in una brillante performance etimologica, non dà ragione né all'uno né all'altro: un effettivo rapporto tra le parole e le cose non si piò né negare né dimostrare. E il dibattito rimane, a tutt'oggi, aperto.

    Commento:
    Interessante lettura con il testo greco a fronte, più che un dialogo mi sembrava un interrogatorio durante il quale Ermogene prima e Cratilo poi proponevano argomenti di riflessione al saggio Socrate.
    La parte che ho trovato sicuramente più interessante è stata la trattazione della genesi dei nomi degli dei, studiandone la composizione nelle parole e di come esse siano variate nel tempo. Ma tutto il dialogo è una continua riflessione sulla formazione delle parole e di come esse siano variate nel tempo, anche per renderle più facili da pronunciare.
    Interessante sicuramente ma anche a causa di argomenti che dopo un po' diventavano quasi ripetitivi e una traduzione un po' antica (soprattutto nel linguaggio) l'ho trovato un po' pesante da leggere.

    Però ovviamente va letto!
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    Aracne è un personaggio della nostra mitologia classica, conosciuta per essere la madre di tutti i ragni. Di lei si conoscono molti miti anche se il più importante è di Ovidio; grazie a lei esistono diverse opere ispirate in cui viene citata e omaggiata.


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    Chi era Aracne?

    Aracne era figlia di un uomo normalissimo: Idmone, un tessitore di Colofone.

    Se era una donna, perché è stata trasformata in mostro?

    Esistono diversi miti e interpretazioni, tutti riassumibili con l’Hybris: quale donna umana e arrogante osò sfidare la divina Atena in una gara di tessitura!

    Secondo Ovidio, nelle sue Metamorfosi, Aracne osò Atena in una gara di tessitura; la dea le strappò la tela e la fanciulla disperata tentò di impiccarsi (tipico suicidio femminile nella letteratura classica) . Atena allora la salvò ma la tramutò in ragno, condannandola così a stare sospesa -come fosse impiccata?- e a tessere all’infinito.

    Simbolicamente, cosa potrebbe significare la sua storia?

    La leggenda greca fa del ragno la caricatura della divinità: se all’inizio Aracne era in grado quale donna tessitrice di creare opere d’arte invidiabili dalle altre creature mortali, quando fu trasformata in ragno divennero semplici e insignificanti.

    Il ragno, quindi rappresenta la decadenza dell’essere che ha voluto farsi uguale agli dei, è il demiurgo punito e se vogliamo è paragonabile al Moderno Prometeo.

    La figura di Aracne ha influenzato l’arte e la cultura successiva?

    Sicuramente, basta andare su Google Immagini per rendersi conto della quantità di opere d’arte che la riguardano. Credo che sia la commistione tra orrido ragno e lo splendore di donna che affascinino; oppure la tragicità della sua arroganza, arroganza e orgoglio che ci hanno colpiti tutti almeno una volta nella vita.

    A citare la figura di Aracne ci sta sicuramente Rick Riordan tramite il suo personaggio letterario Annabeth (saga di Percy Jackson); poi è stata citata pure in questo racconto.

    Inoltre, per me le similitudini tematiche mi avvicinano tantissimo le figure di Ungoliant e sua figlia Shelob: sono tessitrici, quasi dee in terra e punite dagli dei per le loro arroganza ed ingordigia.

    Fonti:

    -Biondetti, L., Dizionario di mitologia classica: Dei, eroi, feste, Milano, Baldini&Castoldi s.r.l., 1999
    -Chevalier, J e Gheerbrant, Dizionario dei simboli: Miti, sogni costumi, gesti, forme, figure, colori, numeri, Trebaseleghe, BUR_Rizzoli, 2015

    Conclusioni:

    Aracne è un personaggio tragico che ricorda a noi uomini mortali come l’arroganza e la troppa sicurezza nelle nostre capacità possano firmare la nostra condanna a morte. Lei più di tutte non ha altre colpe che la propria arroganza: alcuni miti la volevano perfino allieva di Atena nella tessitura e non solo una tessitrice di una città qualsiasi! Ma in ogni caso ha perduto tutto perché ha osato quando non doveva.
1025 replies since 16/5/2016
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